Thursday, February 28, 2008

POrnomate in Berlin 0
Mi sono fatto male, non vedi! Tenevo la testa con un fazzoletto e Andrea mi guardava come se fosse lui a sanguinare.
Sentivo il sangue scorrermi sulle guance. Dovevo avere da qualche parte un altro fazzoletto, ci pensavo - ma non mi ricordavo dove.
POrnomate in Berlin-1
C’eravamo io e lei seduti dentro il giardino. Mi disse se volevo riprovare, che lo potevamo fare, potevamo riprovare – era la sua magia (provare a sparire). La pregai allora, ancora una volta.
Andò verso l’aiuola, la liberò dalla neve, ci frugò dentro e ne uscì con un sasso. Si avvicinò brandendolo come un’arma, un sorriso da puttana. Avrei voluto che tutto il mondo la potesse vedere. Si mise davanti a me ferma come un soldatino, lasciò cadere il braccio, mi baciò. Poi vidi il sasso prendere quota, sentii il colpo, poi non sentii più niente.

Wednesday, February 27, 2008

POrnomate in Berlin-2
Mi passò la sigaretta che sapeva di neve, le chiesi cosa non aveva funzionato l’ultima volta. Se non lo sai tu bibo (smettila di chiamarmi bibo!). Almeno i biglietti quelli ce li potevi lasciare. Erano il mio regalo d’addio, la mia buonuscita, disse (me li hai dati tu, bibo!). Allora mi toccai le tasche dietro dei jeans e tirai fuori i due biglietti ancora intatti con il nome di Andrea scritto sopra, mi venne da piangere. Cosa facciamo adesso bibo?

Tuesday, February 26, 2008

POrnomate in Berlin-3
Ebbene? (…..) Proprio non ce la fai a liberarti di me, ehe bibo! Quello che cominciavo a temere era la mia memoria, si riaccendeva e mi diceva che dovevo correre via (ehe bibo!), mi stava dicendo chi era e io com’ero. Era una storia che avevo già sentito! Adesso lo sapevo che non era vera, che era una malattia, o la cocaina che mi ero fatto in casa, o questi libri che avevo divorato (il latte i biscotti e il sangue rappreso). (Elsa: l’amore inventato- una scarica di parole sulla punta della lingua, un foglietto appiccicato sulla schiena).
Stava in silenzio, fumava.
Io non so più cosa devo fare? Ci possiamo riprovare! Voglio guarire, io non ti voglio più vedere! Ti prego! Riprovare a sparire dicevo. Quante volte ci abbiamo già provato?

Monday, February 25, 2008

POrnomate in Berlin-4
Aspettai lì dov’ero, sui gradini. La città era completamente deserta di rumori. Le macchine e i mezzi pubblici avevano smesso di passare. Cominciò a uscire la gente, si arrestava sul viale colpita dal paesaggio ridotto ai minimi termini. Io non riuscivo a vedere niente in mezzo a quella calca, poi la folla riprese a muoversi e pensai d’averla persa. Cercai di farmi largo, andai avanti e indietro un paio di volte, finchè la gente si disperse. Sembrò finita. Poi mi accorsi che qualcuno usciva ancora. Guardai su verso i gradini e la vidi: si sistemava i capelli dentro il capotto, camminava con la testa bassa, mi arrivò vicino così, senza guardarmi, continuando a sistemarsi i capelli dentro il cappotto, . Le dissi ciao, mi disse ciao.

Sunday, February 24, 2008

POrnomate in Berlin-5
Il tratto di strada fino alla filarmonica lo percorsi tutto correndo, d’istinto. Sembrava dovesse nevicare per sempre.
Arrivai, feci fuori il vialetto alberato e guardai dentro: il foyer era calmo, tutto ancora acceso, sulla neve non c’erano impronte oltre le mie. Mi lascia cadere sui gradini. Avevo voglia di rivederla e nel contempo paura di scomparire se l’avessi rivista. Volevo capire e volevo ringraziarla, ero stato bene con lei e non avevo mai potuto dirglielo, tutto questo pensai dopo la corsa. Adesso ero sicuro di conoscerla – come se appartenesse alla mia vita, o alla mia famiglia, mi convinsi anche che aspettasse solo un mio gesto per rivelarsi. Mi sentivo bruciare come un bambino sopra un regalo.

Saturday, February 23, 2008

POrnomate in Berlin-6
A casa Karolin ci offri della zuppa di mandorle, una cosa schifosa che Andrea neanche guardò. Andò subito dilà a buttarsi sul letto. Karolin sembrava imbarazzata, il suo sguardo mi fece sentire colpevole, come fossi io il responsabile, la persona crudele della coppia. Pensai ad Elsa, e chiesi dov’era. Karolin curvò un po’ la testa come per capire, poi mi disse che la sua amica non si chiamava Elsa e che adesso era al corso di yoga. Curvai anch’io la testa, le raccontai della mattina a colazione, e lei mi corresse su molti punti. Allora andai dilà nelle stanza dei quadri più che per mostrargli Elsa, per scoprire quello che già sapevo. I quadri c’erano ma avevano un’altra faccia.

Friday, February 22, 2008

POrnomate in Berlin-7
Potevamo sempre ascoltare il concerto alla radio seduti sulle poltrone arancioni di Donuts. Andrea bestemmiò. Mi disse che non aveva nessuna voglia di quella cazzo di musica. Pensai ad Elsa, ancora più intensamente. Andrea non capiva la mia indolenza di fronte a quella sventura, disse proprio così. Lasciò tutto e uscì.

Thursday, February 21, 2008

POrnomate in Berlin-8
Andrea si trascinava con l’ombrello chiuso, lo sguardo reso - dissi di aspettare, di tornare indietro. Ormai, non vedi? Non entra più nessuno. L’unica possibilità è che ci diano due biglietti premio….per la sfiga!!!.
Lo vidi piangere, le lacrime si mescolavano all’acqua che gli colava dai capelli. Non dissi niente di Elsa proprio adesso che tutto sembrava finito.

Wednesday, February 20, 2008

POrnomate in Berlin-9
Fuori dalla Filarmonica la neve cadeva abbastanza grossa, l’unico ad avere l’ombrello era Andrea, tutti gli altri non si riparavano. Nessuno era lì per lo spettacolo. Mancava un’ora e mezza all’inizio. Mi appoggiai ai vetri dell’entrata preparandomi all’attesa.
Poi arrivarono. La gente si mise fila, entrava alla Filarmonica con un’allegria postdatata, come fosse Natale. Era una fila che non aveva niente a che fare con tutte le altre file che avevo visto. Una fila di berlinesi che andavano ad ascoltare la miglior musica del mondo mi disse Andrea e questo mi doveva bastare. Noi rimanevamo ai lati della porta d’entrata proprio come se stessimo aspettando qualcuno. Non era difficile concentrarsi sui visi giovani, erano pochi, ma tra loro non c’era nessuna ragazza che mi illuminava. Andrea provava ad indirizzarmi, ma sempre inutilmente. Più passava il tempo, più la fila si assottigliava, più lui regrediva a uno stato infantile. Ormai lo spettacolo stava per iniziare. Intorno alle ultime persone – sotto i lampioni, la neve. Il cielo sembrava animato, non faceva freddo. Il giardino, con un po’ di fantasia, sarebbe potuto anche essere un presepe. A un certo punto Andrea si scostò dalla soglia e si incammino verso la strada, fu allora che vidi Elsa venirmi incontro, sorpassarmi, e entrare. Mi girai appena in tempo per vederla inghiottita dall’oro della festa.

Tuesday, February 19, 2008

POrnomate in Berlin-10
Mi venne da piangere, Andrea si mise le mani nei capelli e provò a consolarmi, ma non disse mai di lasciar perdere, non disse quello che volevo sentirmi dire, cioè che domani tutto sarebbe finito, che ce ne saremmo tornati in Italia, e che adesso tutto quello che dovevamo fare era andare a casa farci una bella dormita e di non pensarci più.
Mi disse che mancavano solo due ore allo spettacolo e che se volevamo andare dovevamo andare adesso.

Monday, February 18, 2008

POrnomate in Berlin-11
Confidai ad Andrea l’unica cosa che mi sembrava di ricordare, cioè che il tatuaggio sulle spalle di Elsa io lo avevo già visto, e non ci avrei giurato, ma più passava il tempo più mi sembrava lo stesso tatuaggio che aveva la ragazza che mi aveva colpito.
Punto primo: chi era Elsa? Andrea non vide nessuna ragazza quella mattina. Punto secondo: se c’era, ero stato un coglione a non averlo detto prima. Punto terzo: mi stai prendendo in giro o sei diventato pazzo?

Sunday, February 17, 2008

POrnomate in Berlin-12
Lo dissi con tranquillità ad Andrea, che non mi andava, che era una violenza psicologia a cui non volevo sottopormi, devo avere usato proprio questa espressione “violenza psicologica” ed era esattamente quello che volevo dire. Gli avrei ripagato il biglietto. Si prese male, mi disse se ero scemo: che cazzo gli e ne fregava a lui dei soldi, i Berliner diretti da Rattle non avevano prezzo a questo punto. Cercai di fargli capire che era inutile, che non mi sarebbe venuto in mente niente – comunque. Non avevo voglia di andare, lui sosteneva che non mi costava niente provare, che proprio non mi riconosceva più. Gli dissi invece che ero preoccupato e che volevo solo tornare a casa.

Saturday, February 16, 2008

POrnomate in Berlin-13
Avevo in mente il tatuaggio di un angelo che occupava tutta la schiena, la ragazza aveva due ciocche che le scendevano dalle orecchie fino al seno, teneva in mano una forbice, le orecchie erano affilate e il mento così appuntito che più che un angelo sembrava una creatura per bambini. Mi ricordai che indossava una canottiera nera, e beveva con me tequila, offrendomi sale e limone sulla mano. Sono sicuro che a un certo punto ci siamo presentati perché quando le ho detto il mio nome mi ha sorriso, ma io il suo proprio non me lo ricordavo.
Quando pisciai mi guardai il cazzo, scoprii di essere circonciso. L’effetto di amnesia post-caduta sarebbe rientrato gradatamente, così mi avevano detto, eppure il mio passato non si muoveva di una virgola, c’erano solo quelle maledette dodici ore a riempirlo. Via via scoprivo delle novità, per conto mio, o parlando con Andrea, e ogni volta, mi lasciavano una cattiva impressione. Decisi che dei biglietti e della ragazza a me non fregava niente, forse era il caso di lasciare perdere, lasciare che la mia memoria si ristabilisse da sola, senza forzare, senza costringerla a quella caccia all’uomo.

Friday, February 15, 2008

POrnomate in Berlin-14
Al pomeriggio con la nuova fasciatura ben fissa in testa bazzicammo il quartiere sotto casa. Andrea era troppo concentrato sui piani della sera per riuscire a pensare ad altro, così passammo le ore di maggior luce in un bar a qualche isolato dalla Filarmonica, lontani dal centro. Guardammo la neve cadere sull’asfalto prima lenta e poi veloce. La osservammo ricoprire di uno strato zuccheroso la superficie delle cose, e ci sembrò di buon auspicio. Tenevamo gli occhi appiccicati alla vetrata. Il fumo e l’andirivieni ci rendeva pazienti togliendoci le parole di bocca. Quando il cielo cominciò a farsi veramente scuro i fiocchi si stagliarono ancor più nitidi per via della luce dei lampioni. Allora mi prese un po’ di malinconia, mi alzai e feci qualche passo verso bagno. Lungo il corridoio pensai di vedere Elsa, ma era solo un abbaglio. Cominciò a venirmi in mente qualcosa della sera prima – erano ricordi sfilacciati, che meditavo meglio da solo nell’aria gelata del cesso. Chiusi la catenella, e abbassai l’asse, mi sedetti guardando la neve che si posava sul telaio della finestra e lì accovacciato pensai a qualcosa di poetico che è difficile da dire.

Thursday, February 14, 2008

POrnomate in Berlin-15
Prima che venisse chiamato il mio numero, io e Andrea avevamo già buttato giù il nostro piano. Presentarsi all’entrata della Filarmonica, sperare di ricordare la faccia della ragazza, bloccarla, prendere i nostri biglietti e farci spiegare due o tre cose.
L’ipotesi che la ragazza non avesse trovato i biglietti, o che li avesse venduti per ricavarci quei quattrocento euro, non la prendemmo nemmeno in considerazione.
Andrea aveva già il coltello tra i denti, io rivolevo solo le mia felpa, la mia memoria e un po’ di pace. Finalmente toccava a noi.

Wednesday, February 13, 2008

POrnomate in Berlin-16
Davanti a me un uomo si premeva il fazzoletto sulla bocca e con l’altra mano teneva un cane al guinzaglio, l’animale non dava segni di vita: era steso a terra per tutta la superficie della pancia come un tappeto peloso. Scendevano dei lacrimoni sul viso dell’uomo. La situazione non era completamente chiara, chiesi ad Andrea se era sicuro che fosse il pronto soccorso, disse di non preoccuparmi. Il mio numero di accettazione era il 142, fuori non pioveva ancora, e l’unica cosa che mi distraeva dalla tristezza dei visi sovietici era un cinese alle prese con i suoi bambini davanti alla vetrata dell’accettazione. Cercammo di ripercorrere per la quinta volta i fatti della notte prima, ogni volta nella speranza che un’illuminazione mi permettesse di colmare i buchi. Andrea ricominciò: alla festa avevo conosciuto una ragazza (in effetti avevo una sua immagine in testa che, però tralasciai di riferire ad Andrea), sparii con lei, dopo aver bevuto della tequila al bancone della discoteca. Passarono due ore in cui nessuno ci vide, quando Andrea mi ritrovò ero già sanguinate e ferito, abbastanza graffiato in viso, e così messo da riuscire solo a dirgli poche cose prima di svenire, cadere e perdere la memoria.
Quello che Andrea riuscì a sapere da me prima della caduta fu che la ragazza aveva bisogno di connessione immediata, connessione che io non le diedi ne subito ne poi. Lei si incazzò, mi prese a pugni e mi finì con una bottiglia in testa. Sparì con la felpa che le avevo offerto al momento di uscire dalla discoteca. Proprio quella felpa in cui c’era una tasca, e dentro la tasca una busta, e dentro la busta i nostri biglietti per il concerto.

Tuesday, February 12, 2008

POrnomate in Berlin-17
Andrea si stava lavando in bagno. Entrai per fargli fretta, era nudo come un verme e si fregava i denti avanti e indietro. Guarda mi si è riaperta la ferita. Mmmh, mmmh. E’ meglio che vada a farmi vedere. Mmmh. All’ospedale? (….). Cercai Karolin e la sua amica, ma sembravano sparite, non c’era nessuna traccia in giro, la cucina era perfettamente sistemata. Controllai in tutte le altre stanze, tranne in camera da letto. Pensai per un attimo d’aver avuto un’allucinazione, ma non lo dissi ad Andrea. C’era ancora un odore buonissimo vicino al lavandino dove avevo visto Elsa fiancheggiare le ombre della mattina.

Monday, February 11, 2008

POrnomare in Berlin-18
Il risveglio della mattina dopo fu allucinante. Trovai una ragazza in cucina a limonare davanti a una tazza di latte. Il ragazzo non si girò quando entrai, e lei mi fisso per qualche secondo con gli occhi aperti mentre ancora aveva la bocca impegnata. Sembrava impacciata – e mi diede l’idea di soffocare, poi mollò la presa; solo allora lui si girò e scoprii che lui era lei, la stessa che avevo visto la notte prima ritratta sulle tele. Mi dissero “Hi”, si allinearono con i visi, una stava sulle ginocchia dell’altra e – contemporaneamente – si illuminarono. Pensai ai loro denti come a due ghiere d’avorio e sentii una fitta allo stomaco. Stavo ancora male, la ferita alla testa aveva ripreso a sanguinare. Quella bionda era Karolin, la ragazza di cui mi aveva parlato Andrea, l’altra si chiamava Elsa ed era la ragazza più bella che avessi mai visto. Mi diedero la mano senza fare caso alla benda che avevo in testa, dissero che mi potevo servire per la colazione. Non avevo voglia di niente, avevo solo bisogno di trovare Andrea per farmi portare all’ospedale. Mi spostai nella stanza delle tele, Andrea non era lì, sentii partire la doccia, e poi vidi Elsa china sul lavandino della cucina: indossava solo i pantaloni del pigiama, e la sua pelle doveva essere morbida come quella di un bambino.

Sunday, February 10, 2008

POrnomate in Berlin-19
Finimmo seduti sugli sgabelli addossati alla scrivania nella stanza dei quadri a guardare giù dalla finestra la strada illuminata. Presi tre aspirine e aspettai che qualcosa cambiasse. Provai a informarmi sulla ragazza, Andrea si alzò subito. C’era solo una cosa che potevamo fare mi rispose e se ne andò.
Nel letto lo trovai sveglio, e mi chiese perché le avevo dato i biglietti: “perché cristo gli avevo dato quei cazzo di biglietti!!” così disse con rabbia. Io proprio non mi ricordavo, allora lui si girò su un fianco mandandomi ‘affanculo. Poi si accostò e venne a patti: mi raccontò ciò che io gli avevo detto prima di cadere e perdere la memoria. Mi informò anche che eravamo venuti in Germania per assistere al concerto dei Berliner alla Filarmonica, che ci era voluto un colpo di fortuna per avere i biglietti, che era un anno che li aspettavamo, che era un grandissimo evento, e che adesso quei biglietti erano nelle mani di quella puttana con cui mi ero imboscato e che mi aveva quasi spaccato la testa.

Saturday, February 09, 2008

POrnomate in Berlin-20
In cucina provai ad addentare due biscotti sbriciolati dentro una confezione aperta, nel buio vedevo una matrice di piatti appesi al muro, di fronte degli armadietti riflettevano la luce – sembravano illuminati dall’interno. Mentre provavo ad aprirli qualcosa fece rumore e rimasi fermo in ascolto. L’ombra di Andrea scivolò nel corridoio e entrò nella sala dei quadri, cominciò a cercare in un cassetto proprio sotto la finestra. Mi avvicinai, e mi disse di stare attento ai quadri, poi quando gli fui davanti mi chiese se non riuscivo a dormire. Avevo bisogno di qualcosa, risposi. Allora andammo in bagno e mi lasciò frugare in una scatola di medicinali mentre dilà lui preparava una tisana. Nella casa vuota, nel silenzio – si sentivano questi due rumori.

Friday, February 08, 2008

POrnomate in Berlin -21
Passarono pochi secondi e Andrea cominciò a russare in un modo spaventoso. Non potevo farcela. Mi alzai per cercare qualcosa. Il bagno forse. Camminavo lentamente per casa, la testa mi faceva meno male. Notai che non c'erano le ante alle finestre, e quella notte le tende erano alzate: una luce grigia illuminava il legno del pavimento facendolo scintillare, Andrea che continuava a russare. Percorsi il corridoio e arrivai in un’altra stanza illuminata dalla luce della strada – addossata alla finestra la scrivania era carica di fogli e libri, le uniche due cose che spuntavano sopra lo strato di carta erano il computer e la lampada, ai lati lungo le pareti fino a me c’erano tante tele appoggiate l’una sopra l’altra in una sequenza prospettica dentro cui scivolava la luce. Senza chinarmi passai tra le tele per arrivare alla scrivania, e vidi che tutte rappresentavano la stessa cosa: una ragazza in primo piano che mi guardava.

Thursday, February 07, 2008

POrnomate in Berlin -22
Arrivati a casa Andrea mi portò subito in un soggiorno dove c’era un materasso per terra. Le righe marroni e grigie delle lenzuola mi davano il mal di mare. Andrea mi disse di guardare i vestiti sul comodino e un paio di scarpe, mi chiese se non mi veniva in mente niente – sbattei la testa, allora si sedette sul divano e mi spiegò che erano cose che avevo comperato appena ieri: “ti ricordi?”. Avrei voluto cominciare a fargli delle domande, avrei dovuto preoccuparmi, ma proprio non ci riuscivo – l’istinto di sopravvivenza mi portava a risparmiare le forze per far tacere la testa. E se questo era impossibile, volevo almeno provare a non morire dal dolore: mi sdraiai sul letto e vidi l’amico che mi guardava: “dilà dorme Karolin”, disse. Poi uscì dalla stanza, e ritornò ridendo. Si svestì davanti a me. Rimase in mutande con lo spazzolino in mano, mi guardò per un po’ senza dire niente e uscì di nuovo. Ritornò senza spazzolino, si infilò sotto il piumone, mi guardò per l’ultima volta e spense la luce.

Wednesday, February 06, 2008

POrnomate in Berlin -23
Scivolammo fuori. Le strade erano piene di gente. Chiesi ad Andrea dove stavamo andando, mi sembrò di capire “a casa”, poi mi spiegò meglio. Facevo fatica a mantenere la concentrazione, anche standoci attento, parlava troppo veloce, e più che alle mie domande sembrava preoccupato per una ragazza, “la ragazza dei biglietti”, “la ragazza che ti ha quasi ammazzato”, “quella da cui succhiavi sale e limone dalle dita” – dissi che non mi ricordavo niente e se per piacere poteva ripetermi la storia della casa più piano. Scopri che avevamo preso contatto con una ragazza di Berlino che ci aveva affittato una stanza.
Quando riprese la storia dell’altra ragazza, quella che mi aveva ferito, lo fermai e gli chiesi se poteva aspettare domani, o più tardi, adesso mi veniva da vomitare, e mi sarei dovuto fermare un attimo prima di riprendere a camminare.

Tuesday, February 05, 2008

POrnomate in Berlin -24
Finimmo dentro la metropolitana. Ragazzi pallidi si accarezzavano parlandosi nelle orecchie. Rischiai di perdere i sensi di nuovo quando cercai di sedermi, l’amico mi guardò: “hai capito??” “Che cosa facciamo?”. Dentro il vagone, insieme a tutta quella gente vestita male, colorata e allegra ero sicuro che il treno non si sarebbe mai più fermato, mi rassegnai ad essere trascinato in avanti per sempre, condannato alle immaginai sfuocate dai finestrini, al martellare della mia testa, e alle parole del mio amico. Poi, invece, il treno si fermò, si aprirono le porte, e milioni di ragazzi, labbra e bottiglie entrarono, si fecero largo nell’aria, caricandola dello stesso odore che c’era già, chiusi gli occhi e decisi di non avere più paura.

Monday, February 04, 2008

POrnomate in Berlin -25
All’uscita della discoteca c’era ancora gente in fila dietro alle transenne. Si accalcava contro una parete di grossi uomini calvi che cercavano di stare in piedi. Sull’altro lato, davanti a noi, la gente usciva tranquillamente. Scopri cammin facendo che il ragazzo magro con il berretto si chiamava Andrea, disse di essere un mio amico e che eravamo a Berlino per passare il capodanno. All'improvviso ci fu un bagliore: un razzo rosso entrò nel tunnel passando sopra le nostre teste. Si spense sulle pareti di mattone. Poi ne arrivò un altro dello stesso meraviglioso colore, e un altro ancora: una raffica disegnò delle linee viola nello spazio claustofrobico del tunnel. Mi chiesi che posto era quello. Andrea cercò di tirarmi giù, ero lì in piedi teso verso la volta a respirare l’odore della polvere da sparo che si levava dalle braci dei petardi. I cinque uomini pelati tremarono tutti insieme, poi come caricati da una molla si gettarono fuori e si persero dietro le siepi della strada; noi intanto uscimmo e fuori Berlino bruciava.

Sunday, February 03, 2008

POrnomate in Berlin -26
Mi si avvicinò un ragazzo magro. Non so quanto tempo era passato da quando mi ero seduto, disse che mi stava aspettando e parlava la mia lingua, a dire la verità non disse proprio che mi aspettava, disse che ero un coglione. Parlava troppo in fretta dicendo troppe cose insieme. Riuscivo a metterle in fila ma non ne afferravo il senso. Capivo però che mi chiamava per nome, e cercavo di fissarlo per riconoscerlo: “simon, salomone, sandokan, sian – shimon”. “Scusa come hai detto che mi chiamo?” “Oddio” disse il ragazzo. Si batte una mano sulla fronte facendo due passi indietro.”Mi stai prendendo in giro, Shimon – dimmi che mi stai prendendo in giro!” Poi si accovacciò tenendosi alle mie ginocchia: “Andiamo a casa”, disse.

Saturday, February 02, 2008

POrnomate in Berlin -27
Al mio risveglio una donna troppo rotonda e rosa per essere morta mi riparava dalla luce accecante. Si chinò su di me fino quasi a toccarmi, aveva una cuffia da infermiera – e parlava guardandomi la testa. Non ero in grado di risponderle, ne di capire se la testa me la stesse toccando, ma sentivo che parlava una lingua bruttissima. Mi fece saltare sul lettino alzandomi solo con un braccio.
Ero in un’infermeria, faceva freddissimo e il mondo traballava ancora. La donna mi sorrise e mi fece segno di scendere, tutti gli altri sembravano divertiti . Non me la sentivo di camminare, ma quella doveva essere la procedura. Traballai fino all’uscita della tenda, e cercai di capire cosa fare. Fuori il cielo era screziato da lampi rossi e viola. Capi di essere stato ferito: avevo dalle macchie di sangue incrostate sulla giacca; di essere stato medicato: l’ombra l’infermiera ce l’avevo ancora negli occhi. Provai a pensare come mi chiamavo, ma non mi venne in mente. Scoprii, invece, che il sangue quando si rapprende sui vestiti ha un odore ferrigno e una consistenza cristallina, croccante, come lo strato di caramello sulla crema catalana. Ogni respiro mi faceva salire un conato. Sapevo di essere a Berlino, ma a questo non riuscivo a legare nient’altro.

Friday, February 01, 2008

POrnomate in Berlin -28
Mi sono fatto male, non vedi! Tenevo la testa con un fazzoletto e Andrea mi guardava come se fosse lui a sanguinare.
Sentivo il sangue scorrermi sulle guance. Dovevo avere da qualche parte un altro fazzoletto, ci pensavo - ma non mi ricordavo dove.
Il via vai di gente era nauseante, mi sedetti - giusto in tempo per vedere la sagoma di un drago fare fuoco e illuminare il cielo.