Tuesday, September 16, 2008

Adesso i cieli risuonano di sogghigni meschini.
Venerdì si è impiccato lo scrittore David Foster Wallace, significa che è morto. Noi siamo tristi e turbati dalla notizia, dal fatto che possa essere accaduto, dalle circostanze che hanno portato a questo evento, che comunque le giriamo non riusciamo a non legarle al “dolore”, qualsiasi cosa ciò voglia dire.
Non sappiamo perché siamo tristi e perché in questi giorni ci continuiamo a pensare, non certo perché lo conoscevamo, nel senso in cui si conoscono le persone che amiamo, che frequentiamo e stimiamo. Non lo conoscevamo in effetti, ecco perché ci sembra così profondo, intimo, disturbante e morboso il sentimento che proviamo per lui adesso. Ci era vicino, in un senso “inutile” e difficile: la sua scrittura e la sua voce sono stati la leva con cui abbiamo scostato la nostra anima e ci abbiamo guardato dentro. Wallace ha cominciato a parlarci di noi stessi, divenendo inaspettatamente lo stratagemma misterioso che ci duplicava e ci metteva davanti a uno specchio. Non sempre abbiamo visto cose che ci piacevano, anzi a volte quelle cose ci facevano ribrezzo e paura, altre volte ci facevano pensare, altre ancora ci lasciavano di stucco. Non sapremmo dire come questo sia potuto succedere, ma a un certo punto è accaduto, abbiamo però capito che era un regalo, come la grazia di dio, Wallace era entrato dentro di noi, facendoci rivedere il mondo cioè cambiandoci il mondo davanti agli occhi.
Forse per questo la sua morte non la sappiamo valutare visto che è qualcosa che sta fuori e fuori lui non è mai stato, anche se da qualche parte ha vissuto.
Non crediamo che questo possa risuccedere, ci sentiamo qualcosa di “epocale”, i nostri padri hanno avuto Mann e i nostri nonni Proust, noi Wallace. Da qui il bisogno di ringraziare.
Ci siamo già chiesti cosa sia realmente successo e perché mai è successo tra noi e Wallace, ci ricordiamo bene la luce che c’era nella stanza, e sentiamo la gratuità di tutto come una delle cose più belle e misteriose che sono capitate alle nostra vita intellettuale. Poi è stato facile: Wallace ha cambiato il nostro modo di pensare e di vedere le cose, o solo di provare a pensarle, e ha stravolto il nostro gusto estetico per sempre. E’ stata l’esperienza di una metamorfosi cosciente. Vorremo ringrazialo. Sappiamo che “lui” non c’entra, soprattutto adesso che è morto. Ma è strana quella voce che continuiamo a sentire, e il dolore che continua a pungolarci facendoci sentir presso di lui, ovunque lui sia.

Sono tutte cose che a voi non interessano, che interessano a me, e più le penso più mi sembrano straordinarie, per quello che mi hanno dato, per come mi sono sentita innamorata di fronte a tutto questo. Poi tutto il resto non ha importanza: che abbia stravolto l’idea di romanzo, che abbia ricreato l’idea di grottesco rendendola (dopo Poe, Anderson e O’Connor) ancora capace di parlarci del mondo, del nostro mondo, che abbia riforgiato un "linguaggio" impastando fisica filosofia e letteratura facendoci veder la perversione, la malattia, la dipendenza nella loro giusta forma, la forma che hanno i nostri anni, che ha la televisione, l' "intrattenimento" e tutta la vita che ci è cresciuta intorno. Tutte cose che i vari Melville, Pavese, Musil e Joyce non avrebbero mai potuto dirci, per ovvi limiti di tempo – lui ce le ha dette; e noi poi le abbiamo ri-dette attraverso di lui, attraverso quella leva con cui abbiamo un po’ scostato la nostra anima e ci abbiamo guardato dentro.
Non sappiamo proprio dire come ci sentiamo oggi, in qualunque modo ci sentiamo caro David Foster Wallace che la terra ti sia leggera ovunque tu sia, e grazie.