Friday, May 16, 2008

Ciao Viola,
la preghiera che mi hai chiesto di scriverti – non ci sono ancora riuscita. E’ difficile scriverla quanto esaudirla, già non sono un granché con la prosa, le poesie proprio non le so fare, e le preghiere sono la cosa più difficile. Devo anche decidere a chi (è questa cosa che mi toglie il fiato), a Dio, a Proserpina, a un eroe privato, al cielo scuro d’Averno? Faccio proprio cilecca e mi sono messa fuori a lisciar cannoni con le preghiere.
Hai detto che ne hai bisogno a breve, perché credi proprio di non riuscire a passare questo giro. Io sono andata ai pazzi, ier sera - per scrivere - ho imbroccato una brocca d’acqua del mio sink e le ho versato fiumi di vodka, già con la bilirubina spanata - tutto mi sembrava d’amianto e dopo un po’ era duro e io ci stavo dentro, ma non mi cascavano le preghiere, e pensavo a te e a questa preghiera.
Allora mi è venuta in mente una cosa di Natalia Ginzburg e una poesia bellissima di Amelia Rosselli, che parla del mal di testa e delle formiche, con quella mi sei venuta in mente fortissima, anche se te non hai il mal di testa ma piangi quando la cucina diventa surreale e un invitato per la camomilla comincia a fare le flessioni, te che ti sei scofanata tanti emmenens quanti ce ne stanno in una piscina olimpionica ( ho pensato che la preghiera doveva parlare degli emmenens, della piscina olimpionica e di un punto fatto a biro sulle labbra, che doveva partire da quanto è piccola una lumaca e doveva finire con un pesce rosso, doveva essere gentile come far passare due dita sulla macchia arancio-mirtillo di una tela cerata, doveva essere una preghiera piano – perché io lo so che quella preghiera ti serviva per quando non ti passa il tempo e allo stesso tempo ti si svuota sotto gli occhi, di quando parli di cucina e dovresti parlare d’arte, di quando vorresti essere in un altro posto e invece sei lì ad aspettare che finisca la serata, di quando aspetti per niente tutto un tempo già sprecato che non fa per te) ho pensato a tutte queste cose per la preghiera, ma erano cose false – perché erano cose mie – te avrai sicuramente bisogno di preghiere per le cose tue, immagino che la vodka era finita, e il trenino rosso parcheggiato nel giardino, e il piumone del letto faceva una esse come “sorriso” (tutti i nomi che iniziano con la esse sono curvi) - e almeno volevo metterci il pesce rosso nella preghiera, una coppia di zombie dentro un drive-in, ma ho riempito tre pagine del mio quaderno di parole e poi di righe (ho fatto uno fotografia), che era una preghiera non venuta – la preghiera finiva con “baciare – affogare” rivolta a Dio per te.

Ps. Prometto che continuerò a provarci –
– e comunque quando ne avrai bisogno, per salvarti ti dirò la mia preghiera segreta e tornerò mortale.

Ciao. Ann.

Friday, May 09, 2008

Sono io, Elsa, la tua amica cafona della Francia. Quella che tiene teneramente a te e non te lo dimostra mai in nessun modo, tu lo sai? (è che io non capisco bene, a volte sotto milioni di strati di pelle a me sembra che tu a me ci tieni, due o tre volte, quella a Boston e poi forse a Parigi, ma di più quella a Boston quando mi aspettavi sotto casa con le valige e avevi i capelli legati in una coda, là, davanti al mio appartamento - sembravi veramente piccola, sembravi una bambina, e mi hai guardato con la forza desolante e con la sorpresa che io continuo testardamente a catalogare nel posto sbagliato. Poi altre volte - il più delle volte – è vero! sembra che mi tieni tra i tuoi affetti, ma come si fa con gli amici lontani o peggio con i “pen friends”, quelli che si scrivono ogni tanto dopo essersi conosciuti in una vacanza studio per imparare l’inglese. Così ti occupi di me come se volessi seguire le buone maniere ed essere semplicemente ospitale facendo ciò che ti chiede di fare tuo padre. Altre volte sei imbarazzata o semplicemente non hai cazzi, e non vedi l’ora che me ne vada, come quando abbiamo fatto le creps nel tuo appartamento e non mi sembravi per niente a tuo agio. Tutto quello che so di te l’ho strappato con le unghie e tu di me non hai mai chiesto niente, sei fredda e completamente distaccata, a volte credo, e più spesso adesso che ti conoscono meglio, che questo sia il tuo modo di stare nel mondo, un atteggiamento che non capisco e che subisco dolorosamente, come una delle cose più meravigliose e misteriose che mi sia mai capitato di trovare in un essere umano, la tua freddezza la scambio per innocenza, la tua superficialità mi sembra mancanza di interesse verso tutto ciò che è volgare, e sei curiosa e piena di talento, eppure così chiusa sempre nel tuo appartamento e in biblioteca, anche questo non lo capisco.)
I francesi hanno la reputazione di essere delle persone maleducate, non è vero? (da quando ti ho incontrato la lingua francese è un codice da tradurre e la Francia solo una condizione da inseguire – in fondo non posso avere più idee sulla Francia e sui francesi ) Sono veramente desolata di dare così evidentemente ragione ai nostri detrattori, ma bisogna a volte assumersi la responsabilità del proprio carattere, anche quando è evidentemente spiacevole.
Ho un carattere spiacevole
(chissà cosa vuoi dire con questa parola “navrant” non c’è nessuno dei suoi significati “desolante”, “penoso”, “incresciso” “spiacevole” che possa ricondurre alla tua persona, eppure "navrant" è qualcosa che c’è intorno a te, che tu subisci, come se il "navrant" venisse da fuori e non ti permettesse di tirartela, di essere prepotente, smorfiosa, piena di te e fare tutte quelle cose a cui la tua condizione umana e la tua bellezza disumana ti renderebbero naturalmente predisposta) ma bisogna dire che tu non mi aiuti per niente (direi anche che sei tu che mi ci inchiodi a volte…). Io non ho saputo rispondere al tuo ultimo messaggio perché diceva molto di più di quello che mi meritavo, che non potevo apertamente protestare, e ancor mano seriamente assentire.. in una parola mi sentivo bloccata. Mi sono accontentata di diventare rossa come un peperone, di ripromettermi di dirti non farlo più, (finisco per crederci e il mio carattere diventa ancora più spiacevole) ( ogni cosa che ti ho detto, lo giuro, anche quando ti è potuta sembrare stravolta, buffa, e grottesca, anche quando è stata il più possibile deumanizzata per non sembrare troppo romantica, in tutti i casi nasceva da un sentimento assolutamente puro e sincero, anzi proprio l’accanimento postmoderno che ho verso i miei sentimenti, è tanto più vero quanto risulta l’unico modo che ho per difendermi da me stesso, in un certo modo anche da te) e di sperare che tu avresti avuto parole per raccontarmi il più presto possibile queste giornate speciali in un prossimo messaggio al quale avrei potuto rispondere (bhè diciamo che venerdì sotto casa tua quando ci siamo trovati eri ancora una presenza accettabile, squisitamente bella, dalle movenze divine, con il solito stile, con il solito piglio affettuoso e distante – eri ancora sopportabile, hai espresso delle preferenze, hai fatto qualche domanda, tanto che il giorno dopo siamo andati alla mostra di foto insieme, e li non te l’ho detto ma ho cominciato a morire – sono cose vere: la sensazione di annullamento coatto verso la tua presenza come verso una malattia – vederti camminare tra le stanze bianche, sul legno chiaro, tra le persone che c’erano, è stata una delle cose più intense della mia vita, lo so che detta così fa ridere, ma è tutto il mondo che ti portavi dietro che mi affondava, come quando camminavamo per le vie di Boston, e mi veniva facile pensarci costruiti intorno ad altre vite, vite più adatte ad incastrasi, ma nostre – cinematograficamente nostre, ci sono situazioni in qui sei devastante, soprattutto nei contesti che sanno isolarti e illuminarti: l’ambiente minimal del museo, le strade scure di Boston, palcoscenici in cui tu potresti recitare, e entrare negli sguardi delle altre persone e seguirmi, amarmi, rincasare, ficcarti sotto le lenzuola, con i gesti collaudati di chi lo fa da tempo e si sente casa con me sotto le lenzuola. Domenica siamo andati all’Opera a vedere il Parsifal e lì ho avuto la stilnovistica certezza di essere di fronte a qualcosa di "diverso", che tu fossi veramente una “creatura”, e questo - per quanto mi riguarda - ha spinto la nostra relazione a uno stadio successivo, i cui significati sto ancora cercando di ponderare ).…Come sai non è andata veramente così, ma tutto è poi peggiorato quando ho ricevuto il tuo pacco. Sei stato così gentile che non sapevo come ringraziarti. Poi, ho pensato a svariati modi per farlo ma nessuno ha trovato realizzazione, ma ho buone speranze che non sarà sempre così.

Posso semplicemente cominciare ringraziandoti molto sinceramente perché tutto quello che hai fatto mi ha fatto molto piacere. Ho subito voluto vivere con la mia t-shirt come fosse una seconda pelle, ma ho dovuto fermarmi dopo due giorni, quando mi è ritornata la ragione. (prima mi dici che la maglietta che ti ho regalato vuoi che sia la tua seconda pelle, questo mi fa pensare certe cose perché mi sembra una frase che abbia un “significato”, non mi pare possa rientrare nel novero delle “gentilezze” che mi riservi, sembra qualcosa di più complicato, di più diretto, qualcosa in cui sei coinvolta, e coinvolta non lo sei mai stata e allora vado indietro e mi chiedo perché non mi hai baciato a Boston, perché non sei venuta mai a trovarmi quando ti ho invitato, perché non mi hai detto niente del cd, poi finisco di leggere e incontro quella parola “ragione” e proprio la parola che mi dovrebbe far capire tutto non mi fa capire niente) Vorrei anche sapere perché non bisogna leggere il libro? E se posso almeno provarci o è una cattiva idea? E come posso sapere se il posto in cui l’ho nascosto è sufficientemente sicuro? Bisogna che me lo dici rapidamente, perchè per tutto questo tempo può essere in pericolo.

Thursday, May 08, 2008

NEL MONDO GRANDE E TERRIBILE

Io, che mi ritengo di sinistra, progressista o che dir si voglia, credo che essere di sinistra voglia significare desiderare uno stato che fornisca educazione, sanità e servizi ai suoi cittadini. A tutti i suoi cittadini. Credo che voglia dire tolleranza e legalità. Certo, pure legalità. E voglia dire uno stato che difenda i "deboli", deboli economicamente e di possibilità, e possa garantirgli tutti i diritti fondamentali e pure le "comodità" minime. Per una vita dignitosa.Significa uno stato che combatte contro i monopoli, visto che questi sono storicamente sfavorevoli al cittadino. E, sì, se il monopolio ci debba essere che sia di stato (visto che lo stato dovrebbe essere pro-cittadini e quindi difendere i loro diritti).Significa avere scuole pubbliche di qualità (e quindi investimenti nelle scuole pubbliche e non sovvenzionamenti alle private; se le scuole private ci sono, che si auto-sovvenzionino, please) e ricerca pubblica, significa avere ospedali pubblici di qualità (stesso discorso), significa avere mezzi pubblici che funzionino.Per tutto questo è necessario che lo stato si finanzi tramite tasse e tramite lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio. E quindi i cittadini hanno il dovere di pagare le tasse. Ognuno in quantità commisurata al reddito.È un'utopia? No, si chiama stato sociale.Bene, questo per me è essere di sinistra


Io credo che essere di destra significhi desiderare uno Stato che sappia educare, curare e proteggere i suoi cittadini. E voglia dire uno Stato che inciti i deboli a diventare forti e che poi li metta in condizione per esserlo (qualsiasi cosa "deboli" e "forti" voglia dire) – senza che i deboli si crogiolino nell’ozio e nell’attesa, o peggio nella pretesa; che vengano educati a credere in loro stessi per prima cosa. Questo per me che sono di destra significa avere una dignità, e la dignità va meritata non va garantita.
Significa uno Stato che tuteli i monopoli in quei settori dove la struttura monopolistica è fisiologicamente necessaria per la sopravvivenza del capitalismo e per una competitiva e efficiente offerta di servizi, che tuteli senza intromettersi la libera concorrenza negli altri settori.
Che creda in un’educazione severa e rigorosa (nel metodo) impostata sul merito e sui risultati, merito e motivazioni devono essere i parametri per selezionare i professori e gli studenti, studiare e insegnare deve essere un lusso (lusso –dico – anche nelle retribuzioni e nella rispettabilità sociale che meritano i professori e gli studenti-ricercatori), credo in un’educazione di elite (ridotta nel personale docente e nelle strutture) finanziata e diretta dallo Stato insieme alle imprese nei settori tecnologici in cui la ricerca è rilevante, una scuola a cui tutti possono accedere solo se lo vogliono e se lo meritano. Credo in una sanità pubblica e di qualità anch’io che sono di destra.
Per tutto questo è necessario che lo Stato si finanzi con tasse e tramite lo sfruttamento delle risorse naturali nel territorio (questo vale anche per me in generale, nel particolare come in Italia per esempio credo che le tasse siano troppe e i principi di tassazioni mal impostati – mi chiedo, per esempio, se hanno ancora senso gli statuti delle regioni speciali e la conseguente tassazione / finanziamento particolare che stabiliscono). Chiaramente i cittadini hanno il dovere di pagare le tasse, ognuno in qualità commisurata al reddito. Bene, per me questo è essere di destra.

Monday, May 05, 2008

Viola è Beatrice
Camilla è Beatrice
Isabelle, bè - Isabelle è Beatrice.
sto bene . Lavoro. Amo. Amo una ragazza che non mi ama. Ha la barba e gli occhi blu e un collo bellissimo. Lavoro in una società svizzera - vivo sola in un buco con la cucina dentro l'armadio. Non ci sono bar e gli uomini non hanno fantasia, ma ci sono le puttane e i cani. La gente - in questo posto - scappa di casa o si butta dai ponti e fuma, fuma tantissimo. Si scia d'inverno e si va a scalare in estate. Alla messa la domenica ci andiamo con le sciarpe e i moon-boots, tutti - anche quelli che non ci credono.

La mia è una vita senza cuore. E te? che fai? ti sei sposata, i due yuppie gli hai più visti?. Dove vivi? baci ann.

e Valentina - Valentina come sta? (dalle un bacio).

e Viola?
e Camilla?
e Isabelle?
Isabelle va fatta sparire domani sera.
Tutte le cose nella mia testa, le cose importanti nella mia testa partono per finta. Io prendo un puntino, un appoggio liscio, facile e illuminato, e lo dilato all’infinito. Sono fredda quando parto e ho la situazione sotto controllo, la mia fantasia vortica e scalda. Sistemo tutto e il mondo si dilata, si riempie di bene e di male, faccio diventare tutto molto blu, vivo. Prendo pezzetti e li appiccico, costruisco biografie che intersecano biografie per gioco, gonfio, illumino; così stanotte sul treno Milano - Parigi mi porterò a spasso uno storia fino alla Stazione di Bercy ore 9e45, poi alle 20:00 sui gradini dell’Opera della Bastille, la romperò, con la rabbia che si merita.