Monday, March 31, 2008

WRITERS GUILD OF AMERICA 1
E’ il colore del divano che rende particolare ciò che vede. Sarà per questo che non sposta lo sguardo? L’avrà capito? (Central Park inquadrato dilà dalla finestra: rosso sul bordo, e sfumature di grigio a salire). Rimane bloccato con la retina impressa. Poi sbatte gli occhi, ruota la testa e un riflesso di luce gli scorre sugli occhiali. La finestra va fuori fuoco. Altri colori entrano nella roba di tutti i giorni. Un posacenere color ambra. Un mazzo di tarocchi tenuto da un elastico. Dei libri di foto. Una macchina incorniciata dentro una struttura di metallo e legno.
Quattro minuti fa Ennio Flaiano si è alzato dopo aver scritto l’ultima frase di un lavoro a cui tiene molto. Erano le 14:08.
La moquette color panna aderisce perfettamente al telaio della finestra diffondendo subliminalmente un senso si sicurezza per tutta la stanza. E’ venerdì 13 dicembre 1967.
Mario Capanna ha vent’anni, Giampaolo Pansa ha più di vent’anni – le foglie a Centra Park sono grigie come quelle di piazza Fontana: Ennio Flaiano, Giampaolo Pansa e Mario Capanna non si sono mai incontrati.
Carlo Lucarelli nel 1967 ha sette anni, e non è poi così detto che quello che sta succedendo qui abbia una relazione con il ’68 anche se siamo precisamente nel ’67. Questa è la storia di una sceneggiatura che non è mai riuscita a diventare un film.

Ennio Flaiano vive da qualche anno a New York, porta spessi occhiali dalla montatura nera, ha scritto per Fellini, per casa gira scalzo e fuma delle sigarette impossibili. L’80% dei suoi pensieri degli ultimi tre giorni sono stati concentrati sulla sceneggiatura, pensieri asfissianti, privi di qualsiasi tormento artistico e per il loro 60% fatti solo di ripugnate fregola organizzativa: trovare i soldi , trovare qualcuno che mi faccia fare questo benedetto film !!! (Ennio Flaiano ha quasi 60 anni e tecnicamente non ha mai preso in mano una macchina da presa). Sulla capacità di sedurre della sceneggiatura non ha dubbi, i dubbi gli ha su tutto il resto, su tutto ciò che nella sua testa a partire da adesso è Il Progetto.

Il Progetto – fase 1: prendere contatto con gli attori principali (personaggio maschile e personaggio femminile), presentare loro la sceneggiatura.

Il Progetto – fase preliminare (come ho fatto a non pensarci prima!): telefonare a Marcello, per prendere due piccioni con una fava.

Thursday, March 27, 2008

THREE DAYS IN PARIS. (21-22-23 III 2008)

Cara Elsa,
speravo che le cose andassero diversamente, speravo che Isabelle comunque riuscisse a tenerti lontana – viva ma lontana, che in questi tre giorni lei riuscisse a prendere ancora più terreno su di te occupando i tuoi vuoti e facendoti sentire più mia, più controllabile. Lo sai: Isabelle è il mio gioco sporco per sopravvivere a Parigi.
Poi ci siamo incontrati dove dovevamo incontrarci, hai attraversato la strada e mi sei sembrata ancora più bella.

Tuesday, March 18, 2008

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Monday, March 10, 2008

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Thursday, March 06, 2008

Gentili lettori,
pubblico di seguito un breve estratto di un mio scritto. Lo faccio perchè proprio ieri una rivista americana, di cui adesso non ricordo il nome, ha comprato (comprato) questo mio scritto. Probabilmente in America comprano gli scritti e li pubblicano sulle riviste. (You write great stuff!) La rivista americana ha poi versato un acconto pari a 120 Us Dollar (bucks!), per questo articolo – che è anche un saggio (essay!) sulla vita, e deve essere una rivista famosa e di tendenza. Ha un nome che sembra il cognome di una dottoressa, se non ricordo male. Behe mi telefona questa tipa bionda ( tira le esse e pronuncia “destrosio” per ben due volte) – dice che scrivo cose grandiose e vuole il pezzo e mi chiede se glielo traduco anche. Bhe Vida (è questo il cognome della ragazza) certo! Vida deve essere una tipa che se ne sta in alto, in cima all’organigramma, perché mi parla della rivista come fosse casa sua (ma potrebbe essere anche un modo “americano” di relazionarsi) , io onorata, ricevo i soldi e mi metto al lavoro. Mi dice anche che sarebbe contenta di conoscermi, che abita a San Francisco con Dave, e se passo di lì (mi parla di molte altra cose, tra queste anche del fatto che è bionda) (BLONDE!)…forse diceva così per dire, ma io comunque ho avuto - nel pomeriggio - la sensazione di stare vivendo momenti di grande importanza. E questo mi aiuta. (Vida vorrebbe che scrivessi qualcosa solo guardando dentro il mio frigorifero (just looking into the fridge!!) Per il prossimo numero.

Tutto quello che segue è roba (stuff!) per rivista americana di tendenza quindi “io non c’entro niente”, “mi manca chiunque” e “avanti così, amico!”.

Prima una piccola introduzione o precisazione:

Il mio articolo parla dei miei compagni del liceo, li mette in fila come erano nel registro delle assenze, avete presente quella litania in ordine alfabetico che ha scandito cinque anni della vostra vita, è successo più o meno a tutti voi, anche se non avete fatto il liceo ma solo le professionali o ragioneria, non fate finta di niente, adesso! Ecco io ho ripreso quei nomi che poi erano delle vite, vite che adesso sono diventate altre vite. L’idea dell’articolo era di unire i due punti per colmare quindici anni di silenzio, senza appello (si capisce il gioco linguistico?). Dai, la cosa è divertente, no? il mio sospetto è che dentro quelle vite ( le vite del punto 1, cioè quindici anni prima, adolescenti) ci sono già le vite del punto 2 a patto di guardarle dal punto 1. La Funzione che traccia le linee è percorribile nei due sensi ( Funzione = corrispondenza biunivoca che and ogni elemento di un insieme o punto fa corrispondere uno e un solo elemento di un altro insieme o punto) voglio dire che il punto 2 non c’era ancora ma c’è già. Questa cosa l’ha detta anche Muccino Silvio in un film in cui recitava ancora con una "zeppa" invidiabile, ma messa come l’ho messa io è un po’ diversa (cool!). Bhe è anche un gioco malinconico unire i punti, sembra sempre di vedere le riprese sgranate in Super8 della famiglia Kennedy che gioca nel prato quando ancora tutti non hanno fatto la butta fine che hanno fatto, il futuro è ancora pieno di bellezza di aspettative e di gloria (note: in effetti il futuro non è più così adesso che è passato, ma il ricordo e la sua immagine lo rendono ancora qualcosa che “è” nella possibilità di passare dal punto 2 al punto 1 e da lì gettare uno sguardo di nuovo sul punto 2 che però risulterà trasformato, come il punto 1 a cui siamo arrivati grazie la punto 2 – in un’operazione affatto dolorosa) Ho intitolato il pezzo “I Kennedy e la mia vita” , mi è sembrato un gran bel titolo.
Nell'articolo c’è, ad esempio, quel mio compagno di classe che indossava scarpe da ginnastica Madigan, quelle con la pelle fatta con il cartone bianco, quello era il compagno più strano, il primo della lista, Bono si chiamava. Troverete lui e gli altri nel mio articolo, poi Nitrucco (‘Nit), lui veniva prima di me sul registro e ha fatto certe cose nella vita che a ripensarle adesso mi fanno piangere e mi fanno ridere, vi invito caldamente a leggerle.

“Ehi 'Nit, te ne vai di casa, ti metti a fare lavori santuari senza futuro (il parcheggiatore il barista, cosaltro?), ti compri una tavola da surf, passi lunghe ore sulla spiaggia con la chitarra, quanti anni hai 'Nit? suoni la chitarra, hai 33 anni – hai trentatre anni. Va bene il rifiuto del grigiore borghese dell'ufficio e di questa schifosa sicurezza che è la pensione, poi ti metti a scopare, scopi negli snack bar, rifiuti anche tutto quello che la pensione rappresenta. Se avessi ancora i capelli te li saresti fatti crescere i capelli: pensa ad avere ancora tutti i capelli da poterti ossigenare! Forse ti sei messo una di quelle collane di corda al collo, va bene, noi ti vogliamo bene, ti sei comprato un paio di bermuda larghi che arrivano fin sotto il ginocchio, li metti tutti i giorni con le infradito, noi ti volgiamo bene lo stesso, ma il pippone filosofico, quello NO, il pippone filosofico sull’esistenza di Dio, no, va bene tutto, ma il pippone NO”.

(Quella del frigorifero, secondo voi era una metafora?)

Wednesday, March 05, 2008

SOLO DIO CONOSCE IL TUO FUTURO 2_GIULIANO FERRARA. (D)
I cammini verso la luce, i percorsi di conversione, le cavalcate dall’inferno al paradiso sono puntellate di ostacoli, ripensamenti, e soste nell’orto degli ulivi. Giuliano ci finì in mezzo, nel più classico degli orti, più o meno il ventisette febbraio duemialaeotto. Intuì di essere dentro qualcosa di “politicamente scorretto”, qualcosa che non era da farsi così, con la politica.
Giuliano era il combattente, il folle che toccava di scherma dentro un campo da football, e questo Dio lo sapeva – rosicava Giuliano “No si può fare” non funziona. Ma non era forse quella la cosa giusta? Se ne parlava – la gente si muoveva – i gruppi si raccoglievano, il mito nasceva dalle chiacchere e dai pettegolezzi, faceva il mormorio delle piazze, dei bar, nei supermercati, negli anfratti virtuali del web, sponda su sponda, parola su parola – e poi tutti quei malintesi. Una sconfitta elettorale della lista per la vita non sarebbe stata anche una sconfitta della stessa idea per la vita? – (intervistato da Lanfranco Pace il 4marzo duemilaeotto a OttoeMezzo Giuliano disse di no, ma intimamente pensava di si) in Italia non ci vanno tanto per il sottile su queste cose. Continuare o fermasi? forse continuare proprio perché il “buon senso” ti dice di fermarti (il “buon senso” bella fregatura, pensa Giuliano, il pomeriggio del 28 febbraio fuori dalla redazione del Foglio con le sigaretta di metà mattina) , perché si sa che da certe cose non si può uscire completamente puliti.
Perse il sonno per qualche giorno, cotto nel suo orto. E lì asserragliato chiese aiuto via web, per sapere cosa ne pensavano gli ascoltatori, gli elettori, la gente. Sciolse la riserva colpito a mezzanotte da una mail con in allegato un video. Il video era uno stralcio della scena in cui Al Pacino allenatore in “Ogni maledetta domenica” arringa la sua squadra di football, il discorso è il Discorso tra primo e secondo tempo fatto a un gruppo che ha smesso di crede in se stesso e che per vincere ha bisogno di un miracolo. Ti vengono i brividi se hai meno di quindici anni: “la vittoria è qualcosa che va guadagnata centimetro dopo centimetro”, e così via, il miracolo sarà lottare e credere in se stessi. A questo punto, nottetempo, davanti al sito di YouTube, l’America Dream si prende Giuliano Ferrara rigettandolo nel suo sogno. Giuliano vede il video in quella notte travagliata di dubbi, ne parla sul suo diario on-line, apparentemente il motivo della “fermezza”è quello, il video, ma lui sa che la verità è un'altra. Centra sempre il cinema americano, ma il film giusto ha la faccia di Lord Fener e Yoda, e parla la lingua di Guerre Stellari. La stessa sera Giuliano legge un lungo articolo in cui viene riassunto tutto il pensiero di un politico-medico sui temi della vita, Giuliano capisce di essere davanti a Lord Fener, e sente che il Lato Oscuro sta diventando ogni giorno più forte. Capisce allora che non può tirarsi indietro. Il medico-politico è Umberto Veronesi e rappresenta l’idea dominante patrocinata dalla scienza sui temi della vita. Si continua allora a tirare di fioretto dentro un campo da football, come giocatori del gioco sbagliato. La politica che si scontra con la metafisica e quest’ultima che oscilla - fragile com’è, pronta ad essere scambiata per ideologia o fanatismo. Poi ci saranno le elezioni ma questa e un'altra storia.

Tuesday, March 04, 2008

SOLO DIO CONOSCE IL TUO FUTURO 2_GIULIANO FERRARA. (C)
Giuliano seguiva Dio e la redazione seguiva Giuliano. Una delle cose belle di questa storia fu il modo in cui il Foglio rispose alla folgorazione del suo direttore. Il giornale si annichilì pur di stare con lui sotto i mulini a vento. I più cinici del suo giornale-cinico abbandonarono l’ironia e lo sberleffo per mettere i piedi dentro una lista che si chiamava Pro-Vita. Gente che fino a quel momento aveva trattato la morale con cialtroneria e il discorso sui valori alla maniera di un corsivo o di una pernacchia, si fecero portavoce del partito della Vita. Risposero tutti i buoni e i cattivi – non un solo giornalista si tirò indietro. Il giornale divenne barboso e monotematico, perse la sua sfiziosità intellettuale, liberale, “antiprofessionale” e si trasformò nel ciclostile allungato di un’esperienza di collettivo giornalistico. Ancora una battaglia per la cultura, ancora qualcosa per cambiare il mondo, fuori dal coro, un po’ di utopia, un po’ di pazzia, tutti affilarono le unghie: via alle esperienze personali di maternità delle redattici che inneggiavano alla vita, via ad articoli che infilavano insieme alla propria visione del mondo e dell’amore grandissime foto in cui erano ritratte da giovani in vacanza al mare, in montagna: lo zaino sulle spalle, gli occhiali da sole tra le dita.
Si mischiarono le carte ancora di più, dentro un paese in cui i confini culturali e d’appartenenza sono sempre stati tracciati nel segno del trasformismo e della trasversatilità, un giornale di destra liberale, conservatore, berlusconiano abbracciò per la prima volta un sentimentalismo culturale destabilizzante da ultima spiaggia (“viva la vita, viva l’amore!”), in un paese intellettualmente sfatto in cui se credi che qualcosa di destra possa avere a che fare con la cultura ti mettono dentro, in quest’Italia - nel 2008 il giornale di Ferrara riportò la politica all’etica e poi tentò di buttarla in metafisica.
Radicali e post-comunisti non ci videro più dalla rabbia, come dei bambini invidiosi, si sentivano rubati del loro stesso charm della loro stessa identità, e furono loro i più colpiti, mossi da schizofrenia si lanciarono contro Ferrara in una contraddittorio puerile di pochi argomenti.
Giuliano non si spaventò della male fede e della scarsa voglia di capire, e ripetè ripetè le sue idee a gente infuriata, istupidita , a gente che non voleva vedere, a donne con i tacchi e uomini con la cravatta di pezza, a chi lo considerava un fanatico,a Dolce e Gabbana ma anche a quelli che andavano alla Upim. Parlava e ripeteva agli uomini alle donne e ai bambini di questo mondo.
Poi c’erano i numeri, le cose concrete, le faccende burocratiche e le procedure legislative, fece anche quelle. Rinnovò il sito del Foglio e cominciò a scrivere giornalmente un diario: “Il Diario della Gioia”. A volte si lasciava andare ad un linguaggio da predicatore – usando paroloni grossi, fuori moda, ma era pur in atto una conversione, e qualcosa gli bisognava pur perdonare.

Monday, March 03, 2008

SOLO DIO CONOSCE IL TUO FUTURO 2_GIULIANO FERRARA. (B)
Lasciò la trasmissione di approfondimento politico che teneva giornalmente sul canale 7, e letteralmente cambiò lavoro, cominciò a fare tutto quello che deve fare un politico folgorato sulla via di Damasco: credeva in quello che diceva, creava diffidenze, incomprensioni e stimolava il dibattito. Giuliano organizzò cortei, interventi pubblici. Andava in televisione non più come conduttore, ma come ospite. La nuova missione gli fece cambiare tono e postura, affrontava il confronto verbale con una diversa calma, non lasciandosi trascinare nell’invettiva, nello scontro personale, ripetendo le sue idee quasi sempre senza essere capito. Ripeté e ripeté fino a svenire. La sua missione era semplice e impossibile. Semplice perché voleva fare una sola cosa: eliminare l’aborto come pratica sociale condivisa senza eliminare la legge 194 che tutelava in Italia questa pratica. Impossibile perché - per farlo - voleva smuovere l’Occidente dalla "posizione metafisica" in cui era stato cacciato da Cartesio e Galileo. Giuliano Ferrara guidato da Dio aveva preso posizione nel bel mezzo dell’Ente e tentava di rimetterne in gioco quel senso che si era chiuso con Nietzche ormai in secolo fa. Di più - Giuliano voleva ribaltarlo, in Italia, durante le elezioni del 2008. Mancava qualche passaggio. Diceva che l’aborto è una pratica assassina, ma che assassine non sono le donne (vittime). Gli assassini siamo noi (Società/Mondo/Occidente) che abbiamo “ridotto” la vita a forma di energia manipolabile, sostituibile controllabile. Roba da pazzi e Dio lo sapeva, Giuliano forse agiva di riflesso, diversamente si sarebbe fermato o sarebbe impazzito. La tribuna politica non era pronta per sottigliezze verbali che implicavano una distinzione tra coscienza personale e Coscienza Assoluta tra decisione/responsabilità personale e Senso dell’Essere. Giuliano si riferiva ad uno tutti intendevano l’altro. Giuliano aveva le sue ragioni culturali, astratte, di merito e di senso, tutti gli altri guardavano ai propri diritti, alla vita pratica, alle conquiste civili: era un dialogo tra sordi. Provò a spiegare che abortire un feto potenzialmente malato non significa dare valore zero solo a quel feto (a quella vita), ma anche abbassare il valore di tutte le vite sane e venture. Gli risposero che invece di rischiare di vivere da deformati era meglio non nascere. Giuliano stava parlando del senso della vita, gli altri di un ipotetico caso particolare, di una vita, di quel bambino lì. Alla fine, anche se aveva ragione Ferrara, avevano ragione gli altri, perché in politica si discute di fatti o di idee, ma non si mette in discussione l’ontologia delle idee e dei fatti.
SOLO DIO CONOSCE IL TUO FUTURO 2_GIULIANO FERRARA. (A)
E’ successo più o meno alla fine dell’anno passato, con l’arrivo del ghiaccio, dell’inverno, e con il solito odore di morte che si porta dietro la stagione. Era novembre, forse era il tre novembre, ma questo ormai non ha più molta importanza. Si sa che stava giocando con i suoi cani, che teneva in mano un libro, ed erano da poco passate le sette. Giuliano Ferrara cercava di liberarsi dal morso della Fufi che lo voleva fuori ad annusar odori. Dio gli si presentò in quel momento: un’ombra senza sostanza. Tre rami e un frutto rotondo che macchiavano il parquet. Era solo, tolse lo sguardo dai piedi, la cagnetta si chetò, e il corridoio parve risucchiarlo. Fece qualche passo in avanti attratto/spaventato dall’albero che gli strisciava sul pavimento. L’ombra del frutto cominciò a tremare passo dopo passo e quando Giuliano fu abbastanza vicino cadde rotolando in un effetto speciale: l’ombra di una mela senza mela che rotola per il corridoio. Furono i minuti più lunghi ad intensi della vita di Giuliano, era dio che gli stava parlando, con una voce codificata che Giuliano Ferrara miracolosamente adesso sentiva.
Non è possibile dire quanto durò e se durò veramente, quello che si sa è che Giuliano Ferrara finì di attraversare il corridoio si sedette, appoggiò i gomiti sul tavolo di ciliegio della cucina e decise di rientrare in politica, combattere una battaglia culturale, smuovere le coscienze, amare la vita e difenderla dai soprusi scientisti di quest’epoca senza Verità.
La strada era veramente in salita, roba da cambiargli la vita – la vita di Giuliano Ferrara cambiò. Lui disse di aver acquistato molte cose, ma altre certamente ne perse: la stima di quelli che lo credevano cinico, l’amicizia degli amici ubriachi di diritti civili, l’interresse dei suoi lettori più atei e disincantati. Giuliano si era convertito, illuminato dalla disponibilità religiosa che è propria delle persone sensibili, da quel senso di meraviglia di fronte alla vita che è pane dei poeti, dei preti, dei filantropi, e da oggi anche dei giornalisti.
Cominciò con un digiuno simbolico a favore di una moratoria contro l’aborto, che poi non era altro che un rifiuto dell’aborto come pratica criminale contro la vita umana. Qualcuno sospettò delle sue buone intenzioni. Fino ad allora Giuliano aveva sostenuto Berlusconi, grado zero di qualsiasi approccio culturale verso la politica e più in generale verso la vita, difeso l’attacco militare all’Iraq, sostenuto, anche dopo anni di guerra, le ragioni di quella guerra e in generale le ragioni della Guerra.
Giuliano cominciò a digiunare per l’aborto tra Natale e Capodanno, scrisse un diario on-line su quei giorni di rinuncia parlando della sua vita nella casa di campagna, mettendo in gioco i suoi affetti, e aprendo le quinte delle sua anima. La vita privata cominciò a sovrapporsi a quella pubblica, ed entrandoci pian piano la mescolò – restituendo ai lettori un’immagine diversa, più domestica e vulnerabile dell’uomo: un uomo che si metteva in gioco tutto nella battaglia che aveva deciso di compiere. Prese il suo giornale e lo aprì in due, facendolo divenire l’organo propulsore di questa battaglia, lo infarcì con lunghi inserti in cui si discuteva del “pro life”, aprì una campagna di sottoscrizioni per la moratoria, il giornale cominciò a ospitare lunghe pagine di lettere monotematiche e martellanti, liste di nomi che si dicevano per la vita, esperienze di donne che avevano dato alla luce bambini nati prematuri ma sani, opinioni di medici e luminari d’accordo con le tesi del direttore, farcì il giornale anche di parei contrari: femministe che si sentivano usurpate del proprio diritto ad abortire, puntualmente incalzate in un contradditorio serrato. Arrivarono i preti e i vescovi, e addirittura un’antologia di articoli dall’Avvenire. Il giornale era cambiato come la vita stessa di Giuliano, la redazione - giovane e innamorata del suo direttore - lo seguì e il passo fu breve: Giuliano decise di fondare una lista e di candidarsi alle elezioni politiche dell’aprile duemilaeotto.