Monday, March 03, 2008

SOLO DIO CONOSCE IL TUO FUTURO 2_GIULIANO FERRARA. (A)
E’ successo più o meno alla fine dell’anno passato, con l’arrivo del ghiaccio, dell’inverno, e con il solito odore di morte che si porta dietro la stagione. Era novembre, forse era il tre novembre, ma questo ormai non ha più molta importanza. Si sa che stava giocando con i suoi cani, che teneva in mano un libro, ed erano da poco passate le sette. Giuliano Ferrara cercava di liberarsi dal morso della Fufi che lo voleva fuori ad annusar odori. Dio gli si presentò in quel momento: un’ombra senza sostanza. Tre rami e un frutto rotondo che macchiavano il parquet. Era solo, tolse lo sguardo dai piedi, la cagnetta si chetò, e il corridoio parve risucchiarlo. Fece qualche passo in avanti attratto/spaventato dall’albero che gli strisciava sul pavimento. L’ombra del frutto cominciò a tremare passo dopo passo e quando Giuliano fu abbastanza vicino cadde rotolando in un effetto speciale: l’ombra di una mela senza mela che rotola per il corridoio. Furono i minuti più lunghi ad intensi della vita di Giuliano, era dio che gli stava parlando, con una voce codificata che Giuliano Ferrara miracolosamente adesso sentiva.
Non è possibile dire quanto durò e se durò veramente, quello che si sa è che Giuliano Ferrara finì di attraversare il corridoio si sedette, appoggiò i gomiti sul tavolo di ciliegio della cucina e decise di rientrare in politica, combattere una battaglia culturale, smuovere le coscienze, amare la vita e difenderla dai soprusi scientisti di quest’epoca senza Verità.
La strada era veramente in salita, roba da cambiargli la vita – la vita di Giuliano Ferrara cambiò. Lui disse di aver acquistato molte cose, ma altre certamente ne perse: la stima di quelli che lo credevano cinico, l’amicizia degli amici ubriachi di diritti civili, l’interresse dei suoi lettori più atei e disincantati. Giuliano si era convertito, illuminato dalla disponibilità religiosa che è propria delle persone sensibili, da quel senso di meraviglia di fronte alla vita che è pane dei poeti, dei preti, dei filantropi, e da oggi anche dei giornalisti.
Cominciò con un digiuno simbolico a favore di una moratoria contro l’aborto, che poi non era altro che un rifiuto dell’aborto come pratica criminale contro la vita umana. Qualcuno sospettò delle sue buone intenzioni. Fino ad allora Giuliano aveva sostenuto Berlusconi, grado zero di qualsiasi approccio culturale verso la politica e più in generale verso la vita, difeso l’attacco militare all’Iraq, sostenuto, anche dopo anni di guerra, le ragioni di quella guerra e in generale le ragioni della Guerra.
Giuliano cominciò a digiunare per l’aborto tra Natale e Capodanno, scrisse un diario on-line su quei giorni di rinuncia parlando della sua vita nella casa di campagna, mettendo in gioco i suoi affetti, e aprendo le quinte delle sua anima. La vita privata cominciò a sovrapporsi a quella pubblica, ed entrandoci pian piano la mescolò – restituendo ai lettori un’immagine diversa, più domestica e vulnerabile dell’uomo: un uomo che si metteva in gioco tutto nella battaglia che aveva deciso di compiere. Prese il suo giornale e lo aprì in due, facendolo divenire l’organo propulsore di questa battaglia, lo infarcì con lunghi inserti in cui si discuteva del “pro life”, aprì una campagna di sottoscrizioni per la moratoria, il giornale cominciò a ospitare lunghe pagine di lettere monotematiche e martellanti, liste di nomi che si dicevano per la vita, esperienze di donne che avevano dato alla luce bambini nati prematuri ma sani, opinioni di medici e luminari d’accordo con le tesi del direttore, farcì il giornale anche di parei contrari: femministe che si sentivano usurpate del proprio diritto ad abortire, puntualmente incalzate in un contradditorio serrato. Arrivarono i preti e i vescovi, e addirittura un’antologia di articoli dall’Avvenire. Il giornale era cambiato come la vita stessa di Giuliano, la redazione - giovane e innamorata del suo direttore - lo seguì e il passo fu breve: Giuliano decise di fondare una lista e di candidarsi alle elezioni politiche dell’aprile duemilaeotto.

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