Tuesday, December 28, 2004

Per capodanno io mi sto organizzando: perdere qualche chilo, comperare una parrucca bionda, un velo di trucco per aggiustarsi il rossore post-sciiata, un po’ di dizione: spremitura delle vocali soprattutto. Lasciarsi chiamare con questi nomi esotici e scivolosi: selvaggia lavinia mariasole. Contemplare il di lui profilo secco, il di lui naso adunco, le pupille dilatate e lo schiaffo di capelli made in usa. Crogiolarsi dentro il legno di faggio dello scialet di famiglia, non curarsi della neve così adagiata malborocountry , appisolarsi, annoiarsi davanti al camino tra le sue braccia, sprofondare nel collo alto del maglione di lana. Accarezzare lapo ripetutamente. Snobbare gli amici che lo vogliono per il veglione al rifugio, far tacere le motoslitte che chiamano per la festa da dedè, bruciare gli inviti per il privè, tenerselo tutto per se. Riaccendergli un’altra sigaretta, riempirgli il bicchiere con acqua minerale francese, disfare ripetutamente il letto del nonno ------soprattutto non pensare di dovere finire anche quest’anno a scansare valtellinesi che sembrano tutti l’onorevole mastella, ripetersi che questo capodanno non ci si accontenta più di un uomo, che quest’anno si pretende una “dinastia”.

Sunday, December 26, 2004

Si da il caso che non sappia ancora se questo blog meriti di vivere, fatto sta che un preliminare interrogarsi sulla fisica celebrale della mia decisione è necessario, sia ben chiaro: tutto quello che dirò è un rigurgito retroattivo //quindi una finzione una ri-costruzione, una vile menzogna// perché quando mi sono messa a scrivere non pensavo che avrei potuto aprire un blog per:
- esorcizzare la figura del padre
- tormentarmi sul fatto che sia un’inutile distrazione al libro che sto cercando di scrivere
- inseguire le forme della donna che vorrei essere
- cercare di buttarci dentro tutte le scorie deformate della mia vita
- rendermi conto che non è poi tutto da buttare via - a certe condizioni, che le parole con cui cerchio cose e persone una volta rivoltate e poi sbattute sullo schermo hanno un altro odore, non quello rancido dell’intellettualità posticcia----mi basterebbe un odore di pulito una qualche genuinità almeno, per avere l’illusione che platone non ci abbia cacciato dentro il virus che mi sta ammazzando – –
- ritrovarmi /ovvero frequentare la figura del doppio
- la speranza di leggermi su una altro sfondo tra qualche anno con un plico di fogli in mano ed avere la sensazione che in qualsiasi altro modo fosse andata tutto questo sarebbe andato perso.
Vorrei trovare qualche altro motivo perché ho la netta sensazione che queste frottole che mi sono raccontata tutto sommato non basteranno.

Saturday, December 25, 2004

Santo natale 2004, presenti lo squalo e la sua signora, la zia e il venditore, mianonna di città, io e mio fratello. (Presenza tutta da verificare del vecchio postino al giunzaglio sotto il tavolo). Breve racconto di una fumata di marjuana della zia che ha portato una ventata radical chic sulla tavola. Per tutto il pasto aspettavo l’uscita del postino a fare BUUU! ma c’era solo quel callo di sguardi bassi, qualcosa che sarebbe facilissimo sgretolare - me lo ripeto ogni volta a posteriori. Adesso ho giusto il tempo di riconfermare a me stessa quando gretta sono ancora stata, un’altra volta distante in mezzo alle persone che amo- un amare come delle vacche che rimasticano da sole nella stalla.

Friday, December 24, 2004

Mi è capitato oggi mentre portavo mianonna di paese a fare la spesa, di leggere della libertà di informazione, di leggerlo sul corriere, paolomieli nell’avvicendarsi a folli dice che lo farà libero il suo giornale. He cimancherebbbe! Non so voi, ma io alla libertà di informazione e ai suoi paladini non ci credo. Mi insospettisco a prescindere, soprattutto quando la libertà viene intersecata con le altre ideemadri del giornalismo ovvero l’oggettività e la completezza. L’informazione non è mai oggettiva ed è sempre incompleta per definizione, questo nessuno me lo toglierà dalla testa, il mito dell’oggettività e della completezza devono averlo i giornalisti, i giornalisti devono fare quello che fanno percarità, per noi dall’altra parte qualsiasi libertà propagandata, invece, è sempre l’anticamera di una fregatura, - c’è di bello che ognuno può dire (sulla libertà) quello che vuole, appunto. Poi la libertà di chi? del capitale o del lavoro?, di dio o del diavolo?, la libertà è sempre di una parte, va bene c'è la possibilità di smentita…come se fosse veramente possibile smentire----quello che è detto è detto, mha! mi sembra un bel casino, in effetti la libertà di informazione parla molte lingue: fracasso – scoordinazione - terrorismo - anarchia- diciamocelo dai: la libertà di informazione è un gran bel business ( dove ci sguazzano direttori ed ex direttore editoriale paladini della nostra libertà) -------tutto sommato quello che andrebbe chiesto all’informazione è di essere plurale ( qui bisognerebbe ritornare a sospettare dal momento che quello che si dice è detto con una parola così brutta), che di per se è sempre meglio di un qualche neofascismo, almeno se sei stufo puoi cambiare canale, certo non si può far suonare le campane tutte insieme nel delirio di mezzogiorno, comunque in Italia a me sembra che siano poi sempre quelle tre o quattro o cinque che suonano-----fatti questi pensieri nell’arco di qualche minuto, giusto il tempo per la spesa della verdura mentre enrico cantava canzoni natalizie proprio in via roma venticinque---- ecco ma non era di questo che volevo parlare, volevo dire che giulianoneferrara sarebbe perfetto come babbo natale altro che quello stoccafisso di paolomieli. Buonnatale a chi e’ in ascolto!

Thursday, December 23, 2004

Pelle seccca. Dolce colore degli occhi. Fregatura sulle labbra. Avvolgente decisamente scoordinato andare e venire della bocca. Per il resto un tatauaggio ombreggiato del colore di un eritema nella parte più esposta del collo, forse una mappa indecifrabile sotto la sciarpa, denti di una lucentezza nauseante, apportunità di guardarsi allo specchio e di sentirmi ancora una volta completamente inadeguata.

Wednesday, December 22, 2004

Stasera potrebbe anche andare così, io e s. di fronte tracciamo due sagome scure sullo schermo, come due pere schiacciate, vibra l’immagine di una giornata di pioggia viola, la prima di novesettimaneemezzo, un motorino attraversa lo schermo e il ronzio passa per la sala come vibrando in un tubo, la ragazza si ferma al semaforo infila il mento nella sciarpa mentre un ragazzo pakistano fermo dall’altra parte le sorride, lei vorrebbe rispondere, io e s. ci spostiamo verso il bagno seguendo le indicazioni luminose. Apre la porta bianca con una spinta, lo specchio mi sembra quello in cui terminator infilava la maschera per nascondere l’occhio d’argento, ci trema una luce sopra di un colore turchino, è solo uno strano miscuglio di pulviscolo ossidato dalla scala antincendio, s. accende la luce, il bagno è rosso e panna. Mi si avvicina a tanto così, praticamente vedo solo lo sfondo liquido dei suoi occhi, riempie tutta la mia prospettiva come un salvaschermo sfuocato, sembra quei “mari del sud”, poi sento pizzicare le cornee, le lenti a contatto mi si staccano in un boato lattiginoso, il mare del sud si stempera e si spegne, io gli afferro le cornee e le strappo le sue con la precisione di un ninja, me le caccio nei miei bulbi oculari vuoti, il mare è smeraldo come dietro gli occhiali da scii, ci spruzziamo sopra la vernice nera come fosse una benda abbassata e ci sistemiamo la frangia, dilà hanno iniziato ad ammazzarsi, sarebbe un buon momento per baciarsi ma decidiamo di passarci sopra.

Tuesday, December 21, 2004

Domani incontro s. Non l’ho mai vista, sono quasi tre mesi che ci scriviamo mail. Potremmo vederci davanti alla porta centrale del duomo, potrebbe esserci una luce come quella di oggi, arancione rasoterra. Avvolta dal brusio. La riconoscerò chiamandola per nome, sarà il momento più imbarazzante, ci daremo la mano credo. Nell’istante in cui le vedrò gli occhi mi passerà in memoria tutto quello che vivremo insieme, una scarica di file trasportata da un flash abbacinante mi brucerà il cervello, poi lo dimenticherò quel pensiero compresso e ricomincerò a ricostruirlo pian piano. Proverò a ricalcargli sopra la figura intera con i pezzi che ho. Capelli rossi, magliette di britneyspears, sci lunghi due metri, unghie ogni tanto laccate ogni tanto no, disinteresse per la politica, laurea in filosofia, lavoro fisso ben retribuito ma poco soddisfacente, vita da single, attuale convivenza con persona dello stesso sesso, casa di proprietà, presenza della nonna materna, amici veri e amici falsi, trascorsi in USA, ex-fidanzato americano, buona conoscenza linguistica, frequentatrice del web, ex praticante di spinning ora praticante di yoga, pendolare disillusa ironica, cinismo difensivo, alta fragilità, sensibilità, in fondo dolcezza, repulsa verso parole quali “morte” e “felicità”, passione per il cinema, frequentatrice di un cineforum, sicuramente non di sinistra ma nemmeno di destra, pressochè nessuna notizia sul suo aspetto fisico e sulle sue condizioni di salute, lettrice di nove e dospassos, marchiata a fuoco da baricco,----------e le rimane sicuramente un sogno. A questo punto credo che avrà i jeans lo zaino e le scarpe da ginnastica, io mi ripeterò nella testa che non è importante che mi piaccia, che non è quello il punto, e intanto starò per deciderlo. Ancora aspetto. L’ho vista di fronte e di profilo. Adesso probabilmente siamo affiancati e ci stiamo avvicinando al cinema, parliamo meccanicamente guardando avanti, io cerco di non girarmi, avrei voglia di scannarizzarla. Non ha profumo e non porta la sciarpa, dimostra più anni di quelli che mi aspettavo, mi sento a disagio. Fingo virilità, ebbrezza alcolica, e complicità femminile, penso a brigittejones e guiasoncini. Penso in fondo che potrebbe essere mia mamma, io che voglio un’amica e un’amante. Succederà per la prima volta tutto domani.

Sunday, December 19, 2004

A casa sua il giorno dopo per provare a lanciare quella palla da bowling. Avrei bisogno di un traforo e di un barattolo di vaselina. Mi rigiro il rossetto sulle labbra finchè sento rapprendersi i grumi, poi succhio e faccio esplodere il mio sorriso sporco di sangue. La ballerina ride stringendo la tazza del the come un palo da cui vorrebbe lasciarsi scivolare, un alone oleoso inquadra il bonsai sputaluci, mentre il cielo si scrolla di dosso un antico dolore. Succede sempre alla domenica pomeriggio di impiastrarsi in questi dispiaceri. Lei non sa ancora cosa farsene di quel SI, se riprenderlo, oppure NO lasciarselo dietro senza iniziare a ripetersi sei mesi dopo. Non le costerebbe niente una telefonata, un bacio che sogna quasi tutte le notti, una notte sotto le lenzuola – piove pure, sarebbe dolcissimo – e tanta vita insieme che non è beutifull ma-------- Partiamo da qui per riprovare a tracciare il confine tra l’amarsi e il volersi bene. Mettiamo due caramelle di zucchero alla stessa distanza sul tavolo. E proviamo a fare quel gioco che facciamo dalle elementari, sputiamo i pro e i contro sulla nostra nuova età, poi scegliamo una caramella.

Saturday, December 18, 2004

Ritorno in valtellina. La ballerina sta leggendo e mi dice che le ci vuole un minuto, a togliersi la tuta, io le dico che comunque sono da lei tra mezzora. Si alza un po’ di nebbia, ho C- nella testa, e un blog che non so se riuscirò a mantenere vivo. La terapia di autoanalisi per esorcizzare la perdita, i miei sentimenti messi sottovuoto. Mi aspetto dall’altra parte del fiume ma ne vedo sempre un’altra. Non riesco a credere neppure alle poche parole con cui ho cercato di inchiodarmi. Sono sempre un’altra, sempre da un’altra parte, a scricchiolare su un’altra croce. Così arrivo in città e suono, lei si sta mettendo il rossetto: la finestra aperta, un albero bonsai luccica sul davanzale, sicily di dolcegabbana, radiohead a manetta, sondrio è una cartolina di natale per poveri artisti tossicodipendenti.
Siamo i primi ad arrivare nella casa dove si domina la valle. La figlia del professore ci saluta con il suo accento francese. La ballerina rimane in canottiera e comincia una danza girata di schiena, michy alle costine, amanda ai piatti, chi balla traccia linee anoressiche per aria. Arrivano tutti, mangiamo e sporchiamo, la ballerina ha smesso e mi racconta la sua vita. Si accende una sigaretta e comincia a bruciare. Giordanomaiali arriva anche lui, la interrompe porgendole il bicchiere, le dice che lo capirà quando sarà il momento, non puoi rinunciare a una parte di te, la puoi solo nascondere, lei la vuole amputare e mi guarda disperata chiedendomi come si fa capire quando si è innamoratati “veramente”, giordanomaiali ha già in mano una pezzo di torta e non ha sentito come è finita. Io non ho risposte, fuori la vallata è una scenografia horror da cui aspettiamo salga l’assassino.
Fino alle due cerco di tracciare un confine per sistemarle le cose, tiro in ballo anche le teorie di simonetta, l’amore da una parte a il nonamore dall’altra, mi allungo mi sposto tiro segni sulla superficie del suo cuore ma non riesco a centrare la presa. Il cuore di una ballerina valtellinese è una palla da bowling senza i buchi, mi arrendo e lo accarezzo come fosse la testa di cojak. Allora ci avviamo attraversando sondriovecchia come due globuli rossi dentro una vena.

Thursday, December 16, 2004

Mi metto qui seduta e aspetto, aspetto l’ispirazione perché certo C- non arriverà qui a M., poi non succede niente, veramente, mi guardo in giro e non riconosco questa casa, dentro due foto gemelle la madame mi guarda, di una bellezza indecifrabile e sproporzionata, Era giovane - adesso è vecchia e divorziata e russa sognando due mariti, la casa da mantenere, la porta socchiusa, una decadenza mal celata e un lavoro interinale di otto ore la giorno. La vita è un vestito che le si è scucito addosso.
Arriva a casa distrutta, prepara la cena a me e al figlio, ripete le stesse cose, ogni tanto ride guardando il pavimento, mi chiama “amore”, alzo lo sguardo dalle calze smagliate, dalle zoccolette da zitella e dalle unghie pitturate sotto il nylon e vedo il figlio che scava dentro il piatto, non mi fa muovere, carica la lavastoviglie, si infila le ciabatte con un pompom di pelo rosa, azzanna il bocchino e fuma nella sua vestaglia di seta, sale e scende le scale tre volte, a me viene voglia di applaudire, il figlio continua a mangiare, l’ombra allunga verso la fotografia un inchino.

Wednesday, December 15, 2004

Lunedì si è laureata fra.
Una cresta di luce la incendiava, le nostre facce si riflettevano. Il “disagio giovanile valtellinese” fece la sua comparsa, lei abbassò la luce. Cerchi di dita nell’aria e ombre sullo schermo, la sua magia sul palco.
Gli inquisitori picchiavano le nocche, lei inquadrava il problema. Noi le stavamo dietro.
Quello più grosso che masticava la cicca si afflosciava sulla sedia come un grosso maiale, fra nel suo tubo di luce sembrava pronta per essere teletrasportata, lui si era tolto gli occhiali e aveva stropicciato gli occhi, lei era passata a un altro lucido, lui diventava nervoso ed era pronto a prenderla, poi la luce in un attimo le si sfilò da sopra come un vestito, gli inquisitori comparvero dallo sfondo d’ombra come un ventaglio, le strinsero la mano, e caddero digrignando i denti di legno. Adesso fra sembrava una ragazza, anche lei aveva un corpicino come il nostro.
Quando siamo usciti dalla cattolica c’era un cielo vecchio di parecchi anni.
Io mi sono messa i tacchi, la sciarpa e la gonna, ho deciso di ubriacarmi prendendomi una giornata di permesso.

Tuesday, December 14, 2004

Tornata dallo sciopping con la mianonna di città mi rimetto in cucina davanti alle dispense, fuori - sopra un cielo color malva vorrei tornare indietro . Quando sono depressa la mianonna di città è la mia migliore amica, non fa domande, continua a fare quello che ha sempre fatto da una vita, non si inventa torte alle mele e tazzoni di latte, si mette lo smalto, fuma, e si massaggia la punta del collant come una bambina su una sbucciatura. Il vecchio postino è entrato in un viaggio diretto nel terzomondo, lei si disinteressa di lui e della sigaretta che gratta il posacenere, guarda andriyshevcenco con due orologi ai polsi, e gli fa un sorriso. Tre giorni fa C- mi ha lasciata io penso che correnti intelligenti fanno alzare le foglie incerte traiettorie non posso certo essere mianonna oltre a questo buio. D’improvviso si infila le scarpe coi tacchi e corre fuori, andriy è ancora là che mi guarda.
Oggi sono scesa in città da mianonna. Le dispense di sini sembravano un pezzo di formaggio, sottolinearle mi faceva respirare. Ho provato a fotografare i fiori di plastica sopra il fornello. Intanto mianonna non c’era, poi è sparita la luce e il ronzio del frigor si è spento, il cielo aveva il colore di una galleria. Il silenzio che precede un’esplosione. I miei non sanno ancora niente. Solo mianonna /quella del paese/ sospetta qualcosa perché oggi non ho mangiato. Due attimi, poi il gran boato e mianonna è entrata a bracetto del vecchio postino, ha spento la sigaretta e mi ha ricordato di quella promessa, il filtro imbratattato dal suo rossetto si è accartocciato fino a farmi vomitare.

Sunday, December 12, 2004

Le cose sono molto semplici: oggi (anzi ieri) C- mi ha lasciato. Nella scatola di cartone ha messo le sue ricette di cucina, il braun silkepill, la bottiglia di martini bianco, due bicchieri, lo smalto lilla e il guinzaglio del vecchio Charlie, la pallina rossa, il ditale, la scuola di atene senza cornice, il tagliaunghie e le mie dispense di jasper, la foto allucinata di annamariaortese, il babishampoogionson a metà, la stupida gallina di gomma, il dragonball e barrylindon, una fotocopia di noi due seppia, la tazza del lettermanshow, il pallone da calcio e i calzettoni, un libro di micheleserra, uno di virginiawolf e il mio ritratto di silviaplath, il peperoncino, gli occhiali da sole e le timberland estive, tutta gli articoli ritagliati della deficiente e il poster di maradona, le venticinque euro di ganja –riserva caffe – e un mattoncino di cd con in testa antonellovenditti, un vestito corto e nero, lo spazzolino, il racconto sul sessentotto quello di valle giulia, lo sguardo dei ragazzi che volevano cambiare il mondo, la maglietta di emergency e il sigaro di grauchomarx, le clark di dylandog, la vecchia rubrica del telefono con in copertina babiljunior, tutti gli occhi di giulianoferrara che avevo appiccicato sul frigorifero, un pezzo di corteccia e il nostro primo ombrello insieme, l’albermajic alla vaniglia e il pesciolino che era rimasto incastrato in un acquario, il suo zaino dell’invicta bluegrigio con scritto midori sopra, la felpa della stoneisland e tutti i libri di stephenking che si è divorata, le foto di Kardamili, noi due su una panchina di roma, il golf che mi ha fatto, civorrebbeunamico, notteprimadegliesami, lo sfondo color cachi del nostro primo bacio, una notte in albergo quando io sono andato nella sua stanza, e tutte le perline che si sono rotte nel bagno di mia nonna, il video di bono, due rachette da tennis e il borsone rosso di sua sorella che mi faceva sentire uomo, una fiat 127 color pisello. Quando sono rientrato fuori il cielo aveva il colore di un regalo di natale. Mi sentivo a zero. Così ho iniziato a scrivere questa storia.