Tuesday, May 22, 2007

MinimumFax 0.
Quando ci annoiamo io e i mie amici giochiamo a Minimum Fax, soprattutto adesso che ho lasciato Milano e vivo part-time in questo posto di confine Minimum Fax è il mio gioco preferito. Lo faccio da sobria attivando naturalmente il “transfert” che il gioco richiede. I mie amici preferiscono lubrificarsi un po’ prima di iniziare, me poi si lasciano anche loro trasportare da Minimum Fax. Tutti, lo adorano. Minimum Fax è un gioco facile che per giocarci non serve niente. Basta ritrovarsi in casa di qualcuno, sedersi intorno al tavolo e cominciare. Si può iniziare da dove si vuole, si prende un punto della storia e si parte, lì seduti, a piacimento.
Le prime volte ci davamo i ruoli, dicevamo chi volevamo essere e fino a che tutti non avevano deciso non si partiva. Adesso non serve più e quando ci sediamo per giocare a Minimum Fax sappiamo già chi siamo, ci sentiamo fin da subito a Ponte Milvo, in redazione, con un sacco di idee per la testa. Io alla mattina già penso a cosa mettermi se so che si è organizzata una partita a Minimum Fax. I nuovi giocatori fanno gli “special crew” perché posti vuoti non ce ne sono più a parte l’aiuto magazziniere che non lo vuole fare nessuno.
Io faccio Martina. Ho faticato - soprattutto con Gloria e con Francesca, ma alla fine ce l’ho fatta. Qualche volta ho dovuto fare Andreina o Lorenza perché tutte volevano fare Martina. Ora Martina è la mia “second life” e questo mi riempie di orgoglio, perché Martina è la traduttrice italiana più figa in circolazione: è un po’ come essere Superman senza criptonite, non c’è storia per nessuno degli altri super-eroi. Martina ha un sacco di talento ma non è arrogante. E’ dolce e scontrosa, ma è anche preparata e appassionata. E’un privilegio fare Martina. Giulio, invece, fa Marco , il capo. Gli è andata bene anche a lui, Giulio è un duro e Marco lo fa proprio bene, ha un taglio da cinico tv e si veste come il commesso del negozio di fumetti dei Simpson, alla fine è lui che decide, si è pure fatto una collezione di magliette con le marche dei cereali per giocare meglio.
Ci divertiamo un sacco: io voglio sempre giocare sul mercato americano dei libri, coccolarmi i miei autori preferiti, rifare le copertine, dare a Minimum Classic una veste più adeguata, quantomeno cucirli i libri. Ci sono lunghissime discussioni. L’entrata in catalogo di nuovi nomi francesi, ad esempio, è stata fortemente osteggiata in una lunga partita: i francesi sono due o tre categorie sotto gli americani, ci sporcano il catalogo, io continuo a dirlo, li taglierei tutti.
Poi ultimamente che abbiamo esaurito il lavoro redazionale, nel senso che è diventato di routine, Minimum Fax ci viene di giocarlo anche fuori. Non abbiamo più bisogno di sederci intorno al tavolo, siamo diventati degli ottimi giocatori, giocatori di secondo livello. Sabato scorso ad esempio, eravamo in trattoria stavamo parlando che si potrebbe fare qualcosa sul teatro, magari lanciando una nuova collana di dvd, una bella discussione, quando Nicola mi ha fatto l’occhiolino. Nicola secondo me è quello che ha più talento, è il più intelligente ma anche il più arrogante a Minimum Fax, a me Nicola un po’ piace. Sergio che fa Nicola non si è per niente vergognato, gli è venuto "così" di farmi l’occhiolino. Ho pensato, allora, che sarebbe bello fare innamorare di un amore clandestino Martina e Nicola. Ma tutto questo se avverrà avverrà da se, come nella vita vera, non ce affatto bisogno di forzare perche Mimimum Fax è veramente un bel gioco.

Tuesday, May 15, 2007

La luna aspetta calda, appena scartata da Elsiore. Fumo sola sul davanzale. Continuo a guardarmi dentro. Tra il quarto e il quinto atto. Cerco la parola orgasmo, anche lei - è dentro il mio cuore come il culo di una velina. Non faccio nessuna fatica. Le mosse giuste in equilibrio su una fune, la punta di un piede tocca il tallone di un altro. Il blu subacqueo è dell’aria , la luna galleggia rotonda nel frigo. Uno due. A mollo vedo un museo di pesci morti.
La finestra che da sul giardino è aperta, lui si avvicina. Passano le macchine.
Penso a questa storia, il re morto sorride, è il livello del martini che tiene in bolla il mio cuore. Adesso ci ripenso. Lui estrae la spada e me la tiene puntata, premendosi il manico sul petto, perpendicolare al mio sguardo - la punta scintilla, il re-padre annuisce e spinge in avanti la spada, chinato su di lei verso di me con tutto il suo peso.
Sono sposata, vivo in questa casa senza figli e con un marito che mi ha dato tutto. Abbiamo finito una cena. Gli amici ci accerchiano per i baci e i saluti. Intorno alla porta, sorrisi borghesi, mentre rombano le macchine e si accendono i fari, “ci vediamo – ci vediamo domani!”
Marco mi stringhe i fianchi con le sue mani e mi bacia. Uno, due. Mi bacia le guance con le labbra e mi stringe i fianchi con le mani. Sento la presa e qualcosa si rompe dentro di me, poi si scioglie e scende in basso, un respiro rovesciato tutto gelido diritto alle cosce, il mio corpo risponde, si flette, annuisce, ci vuole un secondo per prenderne atto, lo sento alla maniera di un vento, come uno schiaffo, che spacca qualcosa indurito dal tempo, un argine che cede e si gonfia, portandosi dietro sedimenti di anni, va a finire giù in fondo, poi brucia e sale di nuovo. Sono bagnata, non lo volevo, le sue mani si staccano. Chiedo perdono. Adesso è buio, i resti della cena nel frigor, quel piacere è lì pronto, mi fa muovere piano, aspettava paziente, poi si avvicina, sale dal giardino con la lentezza che gli comando, indecente come un intruso.