Tuesday, May 15, 2007

La luna aspetta calda, appena scartata da Elsiore. Fumo sola sul davanzale. Continuo a guardarmi dentro. Tra il quarto e il quinto atto. Cerco la parola orgasmo, anche lei - è dentro il mio cuore come il culo di una velina. Non faccio nessuna fatica. Le mosse giuste in equilibrio su una fune, la punta di un piede tocca il tallone di un altro. Il blu subacqueo è dell’aria , la luna galleggia rotonda nel frigo. Uno due. A mollo vedo un museo di pesci morti.
La finestra che da sul giardino è aperta, lui si avvicina. Passano le macchine.
Penso a questa storia, il re morto sorride, è il livello del martini che tiene in bolla il mio cuore. Adesso ci ripenso. Lui estrae la spada e me la tiene puntata, premendosi il manico sul petto, perpendicolare al mio sguardo - la punta scintilla, il re-padre annuisce e spinge in avanti la spada, chinato su di lei verso di me con tutto il suo peso.
Sono sposata, vivo in questa casa senza figli e con un marito che mi ha dato tutto. Abbiamo finito una cena. Gli amici ci accerchiano per i baci e i saluti. Intorno alla porta, sorrisi borghesi, mentre rombano le macchine e si accendono i fari, “ci vediamo – ci vediamo domani!”
Marco mi stringhe i fianchi con le sue mani e mi bacia. Uno, due. Mi bacia le guance con le labbra e mi stringe i fianchi con le mani. Sento la presa e qualcosa si rompe dentro di me, poi si scioglie e scende in basso, un respiro rovesciato tutto gelido diritto alle cosce, il mio corpo risponde, si flette, annuisce, ci vuole un secondo per prenderne atto, lo sento alla maniera di un vento, come uno schiaffo, che spacca qualcosa indurito dal tempo, un argine che cede e si gonfia, portandosi dietro sedimenti di anni, va a finire giù in fondo, poi brucia e sale di nuovo. Sono bagnata, non lo volevo, le sue mani si staccano. Chiedo perdono. Adesso è buio, i resti della cena nel frigor, quel piacere è lì pronto, mi fa muovere piano, aspettava paziente, poi si avvicina, sale dal giardino con la lentezza che gli comando, indecente come un intruso.

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