Tuesday, March 20, 2007

La mattina del sogno sembra abbia appena piovuto. Passano camioncini addossati agli spigoli del marciapiede. I camioncini fanno il rumore di un dentista mentre schizzano pezzi di materiale dalle spazzole. Sono tantissimi, si perdono in una striscia chilometrica. Quando entro nel bar c’è un ragazzo nuovo, mi saluta e mi chiede cosa voglio, io non ordino niente, lui mi fa il caffè, me lo porta vicino e mi dice “ecco”. Quello che vedo, mentre lui fa tutte queste cose, è il suo primopiano: il ragazzo ha la faccia del francese e i capelli più corti di come me li ricordavo. Noto che la tazzina del caffè è sporca di macchioline marroni. Cerco un posto vuoto da macchioline per appoggiare le labbra ma non lo trovo. Un'altra volta provo con il dito a passare su una di queste macchie, ma non viene via niente, uso anche la saliva e sfrego ma la macchia rimane. Gli altri clienti del bar non si lamentano, sono per lo più donne/ragazze con fusò neri e ballerine lerce, hanno i capelli impiastrati, le unghie di smalto screpolato e disgustosi segni della ricrescita, gli uomini, alcuni senza denti, hanno il colorito come bruciato dal sole e non portano le calze. Ho la precisa sensazione di rischiare la vita, ma ogni volta lo bevo, ogni volta ci entro, e lo bevo. A volte cerco di appoggiare le labbra su la minor superficie di macchioline marroni possibile, ma rischio di rovesciarlo, così ci rinuncio. Quando esco mi dico che sono veramente cogliona ma che ormai è fatta. Mi avvolge l’angoscia. Non si può piangere sul latte versato mi dico. Mi sono ammalata e devo morire. Poi una mattina la tazzina del caffè è incrostata su tutto il bordo di una patina marrone, non si vede nemmeno il bianco, così proprio non ce la faccio – lui mi guarda, e ci appoggia le labbra per farne un sorso (ha un piercing sulla lingua), la sua pressione calda assorbe il marrone e lascia una zona di pulito, io ci metto le labbra cercando di calibrarle giuste sull’impronta lucida. Finiamo a letto insieme e lui mi dice che è felice e si ferma a dormire da me così non deve prendere più il pulman tutte le mattine. Ho intenzione di dirgli al più presto questa cosa pazzesca: che l’ho riconosciuto, e può smetterla di fingere, o almeno mi spieghi a che gioco sta giocando. Fuori sulla strada i camioncini della nettezza urbana non hanno ancora finito di passare – fumiamo spesso affacciati al davanzale con davanti quell’infinito turbinio di detriti che si leva dal marciapiede. Mi rendo conto di avere iniziato a fumare anch’io. Poi una volta di queste lui tira fuori una siringa e dice che non ha più senso nascondersi se ci amiamo. Si fa lì sul mio letto, davanti a me, con i capelli bagnati. Dura un momento, la pressione dell’ago, poi deglutisce. Si inietta dentro tutto e mi guarda, da lì si lascia andare indietro chiudendo gli occhi (quest’immagine è veramente molto bella), ha le labbra secche nella luce color limone che viene da fuori insieme al rumore della strada, sembra morto e io mi rannicchio al suo fianco e gli tengo le mie labbra sul collo.

II sogno continua e finisce male, in effetti io non mi ranicchio (almeno non me lo ricordo nel sogno), divento anch’io una tossicodipendente, comincio a indossare giubbotti di pelle, ad avere le occhiaie. Mi guardo allo specchio e mi chiedo che fine ho fatto, non è proprio quello che mi immaginavo, ma in un certo senso sono felice. (ci sarebbe da dire che la cosa più disturbante del sogno è che io mi sento felice…)

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