Tuesday, June 13, 2006

Ci siamo, il cielo ripassa i palazzi di via Bufalino, e noi ci stiamo camminando sotto, Matteo mi parla di un suo progetto editoriale, riguardo l’umanità indaffarata e poi giro gli occhi verso l’alto. Dice che il cielo dalle sue parti non ha mai questo colore, il cielo è un’anguria, io gli dico di non guardarlo. Tutto il resto fa parte del mondo: le sei della sera, la temperatura di diciassette gradi e la luce che ci mette nei guai stemperandosi flaccida, azzurra, insulsa…in un esercizio di aggettivi. La città, le macchie di sangue luminose – tentacolari come meduse, e Matteo che cammina alzando le punte delle camper. Finiamo nel bar di gay dietro corso buonosaires, gli uomini increspando i bicipiti e sembrano lì li per confidarsi un segreto o limonare, io accendo una sigaretta, Matteo accende una sigaretta e parliamo di cose sagge. Lui è il mio pusher di roba angloamericana – ci ho fatto l’amore una sera poi non l’ho più visto, ma ci scriviamo un sacco di mail, crede in un sacco di cose , anche che esistono gli spiriti dei morti e finisce la serata che mi racconta di una notte particolare a Barcellona – l’hanno “stampato” alla borsa di studio per la Columbia. Ci scambiamo pettegolezzi sull’autore della più bella raccolta di racconti, l’autore che amiamo amandoci insegna nella stessa università che ho fatto io e che ora Matteo fa con uno stipendio. Adesso la menta dentro il mio moito è luminosa. Aggiorno la lista dei libri da leggere e mi metto sulle tracce di una nuova pista intellettuale, poi parliamo delle nostre cose e alzando i gomiti ornati da cicche di malboro rosse, arriviamo a mezzanotte sullo stesso tavolo – potremmo baciarci ma non succede – succede che ripassiamo la lezione di Gramsci e decidiamo che il miglior libro di Moretti e quello sul romanzo di formazione. Non siamo d’accordo sulla distanza che deve tenere la sociologia dalla letteratura, vorremmo che il presente tenesse conto del passato anche nelle proclamazioni di “grazia”, parliamo ancora di terrorismo nostrano, finiamo, ormai ubriachi, a fare le glosse all’ultimo libro di Rocca quello con la regina che cade in copertina, ( in verità è il re, dice). C’è una cosa bellissima che non gli voglio dire a proposito di scacchi ed è la prima pagina di un giornale che riportava le parole del divin siciliano dentro un romanzo mai finito e che mai vedrà il mercato.
Domani andrò al consolato per il Visa, Matteo mi fa un’imbocca al lupo, poi si infila con due mani la scodella in testa, e lancia la scia marrone del suo scarabeo verso repubblica dentro una notte che vibra come un budino.

2 Comments:

Anonymous Anonymous said...

bello

12:27 PM  
Blogger annalola said...

ciao, grazie.

1:06 PM  

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