Friday, April 21, 2006

Anch’io oggi come voi giro in motorino per la città in mezzo alla primavera, c’è il cielo azzurro e qualche nuvola, poi c’è il sole – le storie scivolano l’una nell’altra come plastica che brucia. Fanno lunghe file ai supermarket sotto questo cielo che adesso è viola come quindici anni fa. Io ne ho una dietro che mi stringe i fianchi, ha scarpe di pelle nera e una felpa con il colletto ricamata – ci vorrebbe un saggio critico per smontarla e farla uscire dagli anni ottanta – lei mi rimane dietro e mi stringe i fianchi come se fossimo in due a passare attraverso la città in questa mia ex-primavera. Sento sbattere la cartella della najoleari, sembra bagnata, spero di non avere le calze a rombi e nemmeno i collant sotto le scarpe da barca, vedo le stringhe di cuoio che non c’è mai bisogno di allacciare. Porto dietro l’altra me stessa di tanti anni fa attraverso San Babila, quando ancora abitavo nel grande appartamento borghese. Andavo a una festa, e oggi sto tornando a casa. Penso se ho qualcosa da dirle – in quest’aria che addolcisce i manifesti elettorali e le marmitte catalitiche, poi mi perdo a guardare i tavolini di ferro dei bar e le bottiglie di gazzosa vuote – me la ricordo così questa strada. La carica scura dei mie quindici anni, il cielo viola, il colore intenso che intasava l’aria prima dell’incontro che mi avrebbe cambiato la vita, un’esplosione, poi due lapidi a fornire opposte versioni dello stesso disastro.

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