Wednesday, May 31, 2006

Ci sono delle immagine nei film: brevi sequenze, passaggi, fotogrammi, semplici agganci narrativi, magari segnali, che tu vorresti ripetere all’infinito nella tua vita, voglio dire che vorresti prendere quel momento, quel gesto quel colpo d’occhio e ripeterlo così tante volte da ficcartelo sotto la crosta terreste della tua esistenza . Perché? Non lo sai perché, perché è semplicemente bello, perché lo riconosci lì come qualcosa che ti ballava già dentro senza la forza stabile dell’immagine. Di solito questi momenti non sono legati al significato del film, più spesso hanno un significato loro, più spesso sono inutili per il film ma importanti per te, ognuno ha i suoi. Dei miei ve ne voglio dire tre ( tra tutti gli altri) che nella loro finzione fanno una gran invidia alla mia vita.

In Memento c’è una donna che aspetta in un bar seduta (aspetta il protagonista), la donna sta nell’angolo più esterno del divanetto da bar americano, la donna è molto rigida, sembra impalata e indossa un paio di occhiali scuri – lei non viene riconosciuta da chi sta arrivando per lei– la donna che vorrei essere io - cioè quella che mi sento già se solo la vita mi desse la possibilità di esserlo - è una donna con un paio di occhiali neri che aspetta qualcuno per la colazione con un taglio sul labbro. Il taglio sul labbro inferiore che penso di meritare è nella parte sinistra rispetto alla linea di simmetria del mio corpo, si potrebbe dire che mi circonda il labbro facendogli il giro fino a entrarmi in bocca, è largo qualche millimetro, ha il colore scuro del sangue rappreso, guardandolo si intuisce la ruvidità grumosa di ciò che viene prima della pelle e dopo il sangue, ha una sua specificità che minaccia la non appartenenza effettiva al mio corpo: in rilievo, di una consistenza più dura e al contempo più dolorosa rispetto al labbro – il suo colore è sempre più lucido, più fresco e più vivo di qualsiasi altra parte di me. Quel taglio –in qualsiasi modo quella donna se lo sia fatto – è il mio invito al mondo, e quante volte ho pensato di affondare un coltello dentro le labbra per trovarlo.

Quando Clarisse va dal dottor Lecter nella gabbia della biblioteca e gli porta il plico di fogli, la luce potrebbe essere importante, ma non è quello che mi interessa, importante e quando tra i primi piani alternati il registra fa scivolare l’immagine del passaggio, quando, cioè, C. passa i fogli a L. attraverso le sbarre: si vedono ora le due mani in primo piano tenute insieme dai fogli tra le sbarre. Il dottore prende i fogli e con il dito ha il tempo per la prima e unica volta di toccare Clarisse, il dito scivola sulla pelle di Clarisse in un maniera dolce che non si dovrebbe vedere, fa proprio aderenza sulla pelle di Clarisse nel percorre tutto il tragitto possibile sulla sua pelle prima che lei ritiri la mano. E' al contempo una violazione e un gesto d’affetto, è una dolce e perversa violenza. Così ci ho provato anch’io ieri a rubare il contatto a qualcuno senza che me lo potesse più chiedere indietro.

Angiolina Jolie e Winona Rider si baciano dentro il camioncino su cui scappano dalla casa di cura (il bacio più bello della storia del cinema!) – in ogni bacio che do semplicemente cerco quel bacio.

1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Quanto è vero. Un film che è pieno di brevi sequenze del genere è Liebestraum. Me lo ricordo perché un pezzo l'ho rivisto ieri notte. Non è un gran film. Ma c'è la sequenza di lei imbambolata che apre la porta, e loro due che osservano imbambolati quel palazzo, e molte altre sequenze imbambolate e nauseanti. Primi anni novanta.

7:30 AM  

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