Thursday, March 01, 2007

(Je suis ton pile /Toi mon face/Toi mon nombril/Et moi ta glace/Tu es l'envie et moi le geste/T'es le citron et moi le zeste/ Je suis le thé, tu es la tasse/Toi la putain et moi la passe…)

Il mio ragazzo, o il ragazzo che occupa costantemente il divano del mio appartamento nottetempo, l’uomo/ragazzo che mi accelera l’ansia con i suoi sorrisi, questo intellettuale/bambino che lavora nella redazione di una nota trasmissione televisiva su La7, in mellifluo bisbiglio, postcoito, ha detto che non mi ama ridendo, io gli avevo appena detto che non lo sapevo, così mi ha fregato.
Ci sono milioni di motivi che gli permettono di varcare il mio pianerottolo, soprattutto mi fa diventar matta quando ci ubriachiamo. Confeziona mojto ghiacciati dentro una brocca che abbiamo comprato alla Rinascente con la menta di una bancarella di Porta Genova. C’è poi, dell’altro, dell’altro di cui all’inizio non mi curavo: mi parla costantemente di Carla Bruni facendomi ascoltare ripetutamente il suo primo disco: “Qualq’un m’a dit”, (dice che Raphael è l’uomo più fortunato del mondo, come prima di lui Mick Jegger ed Erick Clapton e Kavin Kostner) lui traduce le sue canzoni, lì sul divano con il mio dizionario delle medie, e mi sembra estasiato: mi chiede di sentire come fa questa strofa, poi mi guarda e mi dice che lei qui è la madonna, io l’ho guardo e lui strizza gli occhi e bisbiglia che questa cosa dentro la voce di Carla Bruni noi donne non la potremo mai sentire. Io lo guardo allora. Ma tengo il segreto.

(Je suis ton pile /Toi mon face/Toi mon nombril/Et moi ta glace/Tu es l'envie et moi le geste/T'es le citron et moi le zeste/ Je suis le thé, tu es la tasse/Toi la putain et moi la passe…)

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