Friday, October 26, 2007

Il ragazzo con le labbra (meravigliose) si è seduto in seconda fila e adesso si sta toccando il naso. Il grado di complessità strutturale dipende da n fattori di input che il professore scrive alla lavagna. Le labbra del ragazzo sono propriamente (meravigliose). Ieri sera ho letto un racconto di un uomo che torna dalla guerra senza labbra con una protesi intorno alla bocca. La categoria cliente la esplodiamo adesso andando a vedere la complessità strategica. Così io credo che le sue labbra siano belle, soprattutto di profilo. Sembrano fatte di un tessuto isolante, gommoso. Ogni volta che le guardo mi viene voglia di affondarci dentro un dito e farne esplodere le pieghette carnose. Tre casi aziendali opportunamente analizzati vengono posizionati dentro una matrice che mappa la complessità ambientale. Due ragazze entrano adesso. Ho letto il racconto ieri e questa mattina ho visto le labbra del ragazzo. Oggi stà una fila sotto di me, lo vedo di profilo. Esiste un’economia di prodotto e un’economia di cliente, esiste un conto economico di prodotto e un conto economico di cliente. Il labbro superiore è lungo e veramente (meraviglioso). Cerchiamo indicatori che stimolino una maggiore sensibilità all’economicità dell’agire. La responsabilità economica può essere un centro di costo o di margine, dipende. Io, non lo so, sarà che mi sono fissata, ma il suo labbro inferiore mi sembra sempre umido. Ho una voglia matta di leccarlo, è tutto il corso che ci penso. Quattro mattine d’autunno, quattro tipi di luce che entrano da una parete di vetro colorando di ombre diverse il suo profilo. Valutare la convenienza economica del progetto. Bugdet o business plan? Lui non interviene, gli altri si scannano per rispondere alle domande. Tiene le labbra in controluce, troppo esposte ai raggi sottili che si incurvano cancellandogli le pieghette carnose. E’ un veicolo d’efficienza. Forse mi sbaglio, ma il labbro superiore sporge così tanto che riuscirei ad andargli sotto e leccarlo senza toccare nient’altro con lui che tiene la bocca completamente chiusa. Questo è importantissimo.

Friday, October 19, 2007

SOLO DIO CONOSCE IL TUO FUTURO 1_TORCIA D. (B)
Qualcuno se lo portò via. E qui la sua biografia perde il passo, tutto si ammanta della poesia del capolavoro a metà, della grande promessa che brucia. Sarebbe diventato il nuovo Freddy Mercury, o il nuovo Kurt Cobain se avesse resistito ancora un po’, se avesse scelto un altro modo per morire.
La grazia della musica, il tormento del personaggio, le idiosincrasie e le debolezze di un’intera generazione, l’alienazione di una società grassa e consumista: così i libri sugli scaffali dei supermercati montano le promesse e i sogni infranti – un distesa piatta su cui alzare castelli di carta. Il mondo aveva in mano le sue canzoni: qualcosa che rappresentava qualcosa altro, una sensazione universale da spedire in orbita per dimostrare agli alieni quanto di sporco, corrotto e di grande c’è quaggiù.

Ma quella volta sulla pianura della città di Illion qualcosa andò storto: una voce intima e gelatinosa gli entrò nelle orecchie, troppo mistica e allucinante anche per il rock, una voce che parlava il latino di Virgilio e il Greco di Esiodo. Lingue che Torcia D. non sentiva più dal liceo, e che gli ricordavano le labbra di Elena inzuppate in tisane al mirtillo durante le pause studio, oppure i cappelli verde ardesia della professoressa di greco. Pericle lo chiamava a se per forgiarlo e Agamennone lo inseguiva per distruggerlo. Torcia da uomo strafatto qual’era era ritornato bambino. A metà del concerto di Dusserdolff -1999, corse giù dal palco – sparì tra la folla, dissero per un attacco epilettico dovuto all’abuso di qualcosa, era Agamennone che lo inseguiva in tenuta da guerra. Così Elena che finora aveva riposato nel corpo mistico della sua arte venne richiamata alla vita in una forma nuova, come se le mani sapienti di un poeta l’avessero scucita da quella parte di inferno che custodiva e l’avessero liberata alla corruttibilità e alla bellezza di un altro tempo – il suo. La vedeva correre avvolta da un foular tenendogli la mano, la interrogava come si fa con gli oracoli e lei gli sussurrava di spogliarsi e di cospargersi dei profumi di Illion prima di fare l’amore. Elena aveva ancora il sorriso del liceo un sorriso che a Torcia non era mai sembrato vero. Non scrisse più canzoni se non per difendersi da Agamennone. Il quinto disco non glielo fecero mai uscire. Nel 1998 la carriera di Torcia D. finì definitivamente. Fu arrestato e internato dopo essere stato trovato dalle guardie dentro i Jardin De Luxemburg nudo e ubriaco che correva dicendo di essere in compagnia di un’Elena che nessuno vedeva, su una spiaggia che effettivamente non c’era. Continuò a scrivere canzoni dal manicomio, e tentò ripetutamente di darsi fuoco. Chiuso in cella di isolamento per manifesta intrattabilità, continuò ad amare Elena per il resto dei suoi giorni con Agamennone che lo guardava dallo spioncino insieme a tutti i suoi nemici. Un eroe o un vigliacco. Morì il 23 marzo 2004 dimenticato da quelli che sarebbero stati pronti a osannarlo, dentro una terra Antica con Elena che lo teneva tra le braccia.

Thursday, October 18, 2007

SOLO DIO CONOSCE IL TUO FUTURO 1_TORCIA D. (A)
Dovette capire molte cose e sentire per lungo tempo quella fottuta lacerazione che fanno le cose importanti quando si rompono. Proprio non si parlarono più lui e Elena dopo la panchina, almeno seriamente. Nel frattempo aveva lasciato l’università per dedicarsi completamente alla musica – ma non gli bastava per chiudere la bocca al dolore, così si scelse le amicizie sbagliate, e finì per trovare solievo nella tossicodipendenza. “Eroina” era una parola bellissima con un destino scellerato. Erano gli anni ottanta. Diceva di distinguere il “significato” dal “significante” e diceva anche di saperla ascoltare per come suonava quella parola. All’inizio -quando tutto poteva ancora essere innocente, la musica amplificava il suo gioco portandogli via il nome che voleva dimenticare. Lo teneva al sicuro altrove in un miscuglio di chitarre, rantolii, luci, e capelli biondi sudati che poi erano già la fine del punk, come dicevano le riviste specializzate. Torcia D. continuava a suonare, prima negli scantinati, poi in qualche locale. Nel 1986 l’Argentina vinse i mondiali, Elena si sposò, e uscì il suo primo disco. Appena un anno dopo uscì il secondo. Andy Warhol stava dando uno schiaffo all’arte ipotecando le tendenze pubblicitarie degli anni a venire e lui entrò direttamente in classifica. Una parte di pubblico, troppo sensibile e lontano dalle mode per essere numeroso, già lo vedeva come un profeta in Gazelle e maglietta slavata. La musica del rock azzerata su un’unica melodia, un delirio lamentoso e aggressivo di fragilità e disperazione, così dicevano. Fece da supporto ai Duran e nel pomeriggio piovoso di San Siro, pisciò pure sul pubblico, ci fu il delirio. Torcia D. bruciava piano il miracolo in un modo classico, senza personalismi. Beveva, fumava, si circondava di donne bionde e pallide che non sapevano mettersi il rossetto sulle labbra, firmò il suo primo importante contratto con la EMI – cifre con cui avrebbe campato per altre trenta vite. Per la prima volta il mercato musicale americano guardò all’Italia come a un modello. La California puntava diritta su Milano annusando una nuova tendenza e tutti erano pronti a giurare che il mondo sarebbe artisticamente bruciato - i ragazzini americani cominciarono a spaccarsi la testa sulle traduzioni delle sue canzoni e altre generazioni di ragazzini di qua dall’oceano si sentirono risarciti delle loro passate fatiche. Torcia D. usciva con il terzo album e questa volta il successo lo folgorò staccandogli il biglietto per l'Olimpo, continuò a fare quello che faceva finchè un'estate venne rapito. Durante il tour, in Turchia – estate 1995, mentre passava sopra i resti dell’antica città di Illion

Monday, October 08, 2007

Non era il caso di prendersela, lascia perdere. Mi appallottolai sul suo divano lasciando tintinnare la tazza contro il cristallo. Ancora un po’ di the?
Non posso tornare qui e rimettermi a fare quello che facevo prima. Si lasciò andare indietro, i capelli sdraiati orizzontali sulla moquette e la schiena uncinata alla rovescia sul divano. L’avrei voluta sentire - di qualcosa! Di qualcosa che mi possa aiutare! Ma non faceva altro che scaccolarsi il naso guardando il soffitto mentre fuori nevicava. Poi prese ad irrigidirsi: stava cercando di risalire in una posizione corretta. Incrociò le gambe come il budda e si lasciò di nuovo andare, molle come una bolla, prossima a liquefarsi. Finalmente mi guardò e disse che l’importante non è ricordare ma dimenticare, in quel momento le sue tette mi parvero l’unica cosa al mondo che potesse rimanere su.

Friday, October 05, 2007

MinimumFax 6.
Fine.