Sunday, October 30, 2005

*Charlie stava cercando immerso dentro le gambe di Isabelle. In una posizione interlocutoria appena sopra il clitoride. (Di bello c’era la pancia solcata da una mezzaluna scura che non smetteva di battere). Per avvicinarsi alla storia doveva entrarci dentro. Adesso stava correggendo le bozze, il romanzo criminale che lo aveva portato dalla Sicilia a New York sulle spalle di minatori genovesi di ritorno a casa dopo il lavoro. C’erano le puntatine nei pressi di Milano (Lecco, Vimercate) in mezzo a corridoi con moquette spumose e recepsionist alle prese con televisioni dalle antenne a forma di orecchie. Aveva inseguito la sua eroina ovunque le aveva dato un nome, con le dovute ricerche storiche, era passato per quella valle dove aveva preso a incendiarsi la battaglia che voleva raccontare, l’aveva persa per poco mentre uno che c’era stato glielo raccontava, era il tempo degli indiani metropolitani quando il piombo aveva imbastardito un bel Sogno e per le mani delle ragazze dai capelli lisci balenavano le calibronove; Isabelle non era una di quelle, ci era finita dentro per un amore omosessuale nato dentro in un motel un giorno in cui uno straniero provò a baciare la blogstar dal sorriso irregolare, guardandola di schiena uscire dal motel capì di essersi innamorata, e con lei Charlie, l’autore a sua volta capì – prima ancora che baricco irrompesse sulla scena - che questa era una buona storia da raccontare. Mancavano ancora poche cose da metter a punto. Se è vero che l’autore non esiste e il libro si scrive da solo, Charlie lo lasciava andare passando a grandi falcate verticali la lingua sul clitoride di Isabelle, eroina suo malgrado di una strage rossa che iniziava in un motel e finiva sopra un letto più o meno così:

"Lei non ha intenzione di aprire il pacchettino sigillato, lui crede che è meglio che lo apra se vuole scendere anche solo di due centimetri. Il cielo adesso è più azzurro, di una consistenza cristallina. L’uomo nell’altra stanza continua a russare.
I peli di lei lo stanno accarezzando in fondo alla pancia dove ci sono i suoi, è una tortura. Tutti e due sentono i loro corpi spostarsi senza volerlo. Lui crede che sia lei a salire, lei che sia lui a scendere."


Charlie (adesso sta cercando di sputare senza successo i peli di Isabelle) sa benissimo che la ragazza bionda ha una pistola nella borsa e sta andando a fare un lavoro da angelo nero in nome di quello che era un “ideale” o senza indulgenza un'“ideologia”, Charlie vi direbbe che lei sta col direttore di un noto giornale romano dell’estrema sinistra, che fa capo alla medesima organizzazione politica (direttore di fatto perché quel carismatico non avrà mai la tessera dell’ordine), il resto ve lo leggerete quando pubblicheranno quello che Charlie questa notte finirà di scrivere.
(Questa per noi è la fine)

Sunday, October 23, 2005

Andrea entra di venerdì, la pasta sta bollendo e noi ci guardiamo come se fosse finito un viaggio. Gli slaccio la cravatta e gli presento subito Amanda che sta dilà con un nome da telefilm. Amanda è qui da due settimane, ha i denti gialli e una fascia in testa, cerco gli occhi di Andrea e schiaccio un sorriso: non l’ho scelta io. Andrea guarda la pila di Libero e mi guarda come se fossi diventata improvvisamente calva, non voglio spiegargli di quei meravigliosi anni quando tutto valeva meno di zero, ne sa già troppo. Allora Amanda ha delle cose sporche da nascondere, condisco la pasta e cerco di tranquillizzarlo. “Non vedevo quelle scarpe da almeno vent’anni”, Andrea è visibilmente terrorizzato. Io non ho parole, posso solo dire che non è un problema politico, “certo – fa lui- è di più, molto di più”.

Friday, October 21, 2005

Andrea mi guarda, poi si toglie gli occhiali, gli occhi rossi. Lui è basso e appiccicaticcio dopo la riunione. Avrebbe bisogno di ossigeno e di dormire, si stropiccia gli occhi, che sembrano venire giù, poi spiega la differenza tra una magia e un miracolo con una biro blu e una nera.

Thursday, October 20, 2005

*Archie guardando la scena avrebbe potuto dire che niente stava in piedi, l'ultimo sguardo di Isabelle diede alla stanze le sembianze di un altro posto. Isabelle si era messa a pensare e Archie si fermò, le chiavi le suonavano in mano e sentiva le ballerine sprofondare nella moquette del lungo corridoio rosso. Archie provò a pensare alla ragazza bionda di spalle: camminava davanti a Isabelle in un taillor nero, gonna e giacca. I capelli erano biondissimi e cadevano per un pò sulla stoffa. Non era contenta. Isabelle alzò la testa, guardò giù verso Archie, occhi fradici. Avrebbe voluto far tornare Isabelle in ufficio ma doveva sapere qualcosa di più sulla bionda che aveva appena fatto l'amore nella stanza del motel con Isabelle.

Tuesday, October 18, 2005

Sto alla riunione. Andrea si sbraccia, poi si gira e si siede sotto la lavagna luminosa, la redazione e un groviglio di pagine bianche, oggi non ci è permessa nessuna metafora, la partitura di questo discorso l'ha scritta ferrara, ormai ci ha preso gusto. Facciamo un break e parliamo delle primarie, poi qualcosa si accende e la giornata scivola via nelle mani del portiere che tiene il giornale aperto nella guardiola.

Saturday, October 15, 2005

*Senza mani. Archie vede Isabelle davanti alla vetrata di un motel, tiene i piedi su una moquette rosa Big Bubble e ha le gambe divaricate, c’è una luce intensa ma senza sole, il cielo è completamente grigiochiaro. Isabelle guarda le macchine sul tratto di tangenziale tra Agrate e Vimercate, il grigio dell’asfalto è più scuro del cielo. Si spegne l’acqua. Esce un’altra donna, ha un paio di mutande rosa, metà le sono nel culo metà no, guarda Isabelle che guarda giù: è nella stessa posizione, solo più spostata verso il letto. Così due donne di schiena in una luce cinematografica, sembra la pubblicità di un rossetto. Passa un’ambulanza che ha la sirena incandescente sul lato più lontano della strada in direzione Lecco, attraversa le reti che separano il campo da golf e vola via. Il verde del prato è acquoso, un ragazzo sta insegnando a una ragazza a colpire, la copre in un gesto impostato come un abbraccio, poi sembrano baciarsi, il ragazzo ha il fiato che puzza di birra ha letto da qualche parte Isabelle. A questo punto l’impiegata della contabilità si avvicina al comodino e si mette l’orologio, guarda che ore sono. Si sente riposata e calma, ha aggiunto un nuovo tassello alla relazione che la lega con la donna bionda, questo la fa sentire bene, ormai non ha più bisogno di fingere, lo potrebbe definire un rapporto solido ed affettuoso. Isabelle guarda le chiavi della macchina che sono sul comodino vicino a del tabacco sbriciolato intanto tira per i capelli Archie portandoselo con forza in mezzo alle gambe, la ragazza bionda assomiglia alla donna che Archie vorrebbe essere. Senza essere uguale si riconosce nel suo volto la stessa idea che unisce Naomi Watts, Mia Farrow e Giovanna Meandri, quella cosa che Archie non riesce a dire ma solo a pensare e mentre la pensa la vede, adesso non c’è con la testa e con gli occhi chiusi si sente in mezzo alle gambe di Isabella Ferrari.

Friday, October 14, 2005

*Le regole non scritte del petting. Archie guardava Isabelle e pensava chi potesse essere. Qualcuno per quello che stava scrivendo: l'impiegata della contabilità o la studentessa laureata in architettura che stava cercando.
L'impiegata della contabilità era alta come Isabelle e faceva quello sguardo che faceva lei, usava crema nivea per le mani ( tubetto morbido), la risata era così terrificante, a volte camminava con i pollici dentro le tasche dietro dei jeans, aveva l'abitudine di uscire dal bagno truccata a metà mattina, aveva spesso i capelli un po' unti ma come Isabelle non sembrava mai sporca, tenerli sciolti o legati interscambiando le pettinature nella stessa situazione questo faceva, camminava ciondolando le anche con l'indolenza dell'adolescenza, il tono della voce era artificiale, nascondeva qualcosa, non si lasciava mai completamente andare. Passavano i giorni senza che lei aprisse un giornale o guardasse la televisione, così capitava fosse in ufficio senza sapere del terremoto in India, oppure che Lapo Elkann era in overdose, altre faccende insospettivano Archie. Oltre a fare la contabilita' l'impiegata Elisabette avrebbe dovuto fare qualcos’altro di cui Archie era ancora all'oscuro, certo molto stava nella sua abilità a dissimulare una certa aria, ma per il momento quello che Archie sapeva era che l'impiegata non trascurava mai finezza nell'abbigliamento e un'aria annoiata, dieci minuti prima della pausa pranzo passava in bagno e usciva con il rossetto e i capelli diversamente pettinati, non veniva mai in mensa, proprio a questo stava pensando Archie mentre guardava il soffitto e faceva cenno a Isabelle di smettere. Dove andava Isabelle?


(e c'era da lavorare molto sulla voce per capire com'era. cercò di ricordarsi che era una voce mascolina e impostata a volte pareva in falsetto, sentì anche parlare di una certa situazione di salute incerta, sentì un acre odore di ascelle, ma non era sicuro fosse lei)

Thursday, October 13, 2005

Aspetto che Andrea finisca e tutti quelli della redazione guardino. Poi Andrea sbatte la prima pagina facendo andare le penne dappertutto. Dietro lì passa uno che porta toppe sui gomiti della giacca. Questo significa buttare il proprio cervello all'ammasso, dice prorpio così. Potrei scrivere che il sole viene coperto dalle nuvole e sulle pareti avanza il colore grigio. Guardo il mio cappotto rosso appeso appena dietro la porta - pronto per questo primo giorno d'autunno. Ti sembra un sistema letterario serio? Roba da prima pagina? Ormai i neon vanno a manetta, se Andrea stesse zitto se tutti gli altri stessero zitti. Io dico che non c'ero, che non è colpa di nessuno: è sucesso tanti anni fa (quando ancora Gadda carteggiava con Contini)

Saturday, October 08, 2005

Per una definitiva morte dopo i fatti di lunedì

*Non c’erano mezze misure nella stanza: la luce la tagliava in due.
I piedi erano dentro la luce, il resto nella penombra: Archie, Isabelle e il letto. Si potevano seguire i contorni della testa e delle spalle e sentire la dolcezza dell’ombra solo a guardare i movimenti del collo e della bocca che saliva e scendeva. Ma Archie era steso sul letto pancia in su, la testa abbandonata indietro, le spalle afflosciate dentro la maglietta tirata fin sopra l’ombelico, il ventre teso. Sotto Isabelle se lo stava lavorando con la bocca. Ed era una meraviglia. Su e giù. Poi si staccò con una schiocco sonoro come il bacio di un bambino e Archie ansimo più forte, tutto il piacere di prima più uno nuovo: sul suo pene il solletico che fa l’aria sulla saliva. Una sensazione di freschezza e di dolcezza insieme. Non sapeva neanche come era fatta la stanza. Sentì mani che correvano sui suoi peli senza toccarlo in equilibrio come mosche, il rumore della fibbia, un pasticciare di mani, tintinnni, e uno strappo secco come a levare un cerotto: i pantaloni gli scesero fino a metà coscia. Capì allora ma non pensò a niente. Si sforzò di immaginare la scena ma non riuscì sopraffatto dalla bocca di Isabelle. Lei gli faceva scorrere i palmi delle mani su dorsi delle sue al ritmo della bocca, uno strofinio e una certezza: la bocca, il pene, le mani.
Stava vestita e inginocchiata con le piante dei piedi sporchi colpiti dalla luce della lampada. Le ciabatte erano rimaste fuori. Era estate. Isabelle si alzò in piedi e andò verso la finestra per chiuderla, la luce, le zanzare. I piedi si staccavano dal parquet, la finestra si chiuse, Archie non aveva ancora aperto gli occhi adesso che il cuore gli batteva più forte. Fuori ci stavano le stelle la luna e le ombre delle montagne giganti. Ancora i piedi mentre il respiro si avvicinava.
Isabelle gli si stese vicina, sentì il materasso incurvarsi, allora aprì gli occhi senza muovere la testa e la vide girata su un fianco, il gomito puntato sul materasso che le teneva su la testa. Lei non disse niente, lui nemmeno e si sentiva strano adesso così sopra quel letto.
- Ero venuto per il libro, non me lo dai?
- Sta la, dopo.
- Bhe..non sapevo avessi una stanza così grande.
- SSStt, abbassa la voce, vuoi svegliare i miei
- I tuoi? Mi avevi detto che non c’erano! Porca vacca!
- Dai non fare così stavo scherzando
- Ma vaff… Adesso la baciò.
Solo con le labbra. Labbra su labbra senza usare la lingua. Fu quella la prima volta. Lui intanto si era tirato verso l’altro capo del letto e ci teneva schiacciato il cuscino con la schiena come un malato, da lì guardava Isabelle che non si era mossa. Accavallò le gambe di scatto quanto lei disse dei genitori e si accartocciò subito nei pantaloni, Isabelle sorrise, fu allora che la baciò. Smetteva e poi ricominciava. Nell’avvicinarsi il suo ovale gli si ingrandiva davanti, e prima di venire colpito per un brevissimo istante quel gesto sembrava uno schianto contro un pianeta marrone e umido. Archie aveva bevuto. A quell’ora della notte, con quella luce in quella stanza le sembrò anche abbastanza carina. Comunque quello che contava per lui a questo punto era un’altra cosa, e lei lo era, subito fin dal primo istante in cui qualche ora prima l’aveva vista.