Saturday, October 08, 2005

Per una definitiva morte dopo i fatti di lunedì

*Non c’erano mezze misure nella stanza: la luce la tagliava in due.
I piedi erano dentro la luce, il resto nella penombra: Archie, Isabelle e il letto. Si potevano seguire i contorni della testa e delle spalle e sentire la dolcezza dell’ombra solo a guardare i movimenti del collo e della bocca che saliva e scendeva. Ma Archie era steso sul letto pancia in su, la testa abbandonata indietro, le spalle afflosciate dentro la maglietta tirata fin sopra l’ombelico, il ventre teso. Sotto Isabelle se lo stava lavorando con la bocca. Ed era una meraviglia. Su e giù. Poi si staccò con una schiocco sonoro come il bacio di un bambino e Archie ansimo più forte, tutto il piacere di prima più uno nuovo: sul suo pene il solletico che fa l’aria sulla saliva. Una sensazione di freschezza e di dolcezza insieme. Non sapeva neanche come era fatta la stanza. Sentì mani che correvano sui suoi peli senza toccarlo in equilibrio come mosche, il rumore della fibbia, un pasticciare di mani, tintinnni, e uno strappo secco come a levare un cerotto: i pantaloni gli scesero fino a metà coscia. Capì allora ma non pensò a niente. Si sforzò di immaginare la scena ma non riuscì sopraffatto dalla bocca di Isabelle. Lei gli faceva scorrere i palmi delle mani su dorsi delle sue al ritmo della bocca, uno strofinio e una certezza: la bocca, il pene, le mani.
Stava vestita e inginocchiata con le piante dei piedi sporchi colpiti dalla luce della lampada. Le ciabatte erano rimaste fuori. Era estate. Isabelle si alzò in piedi e andò verso la finestra per chiuderla, la luce, le zanzare. I piedi si staccavano dal parquet, la finestra si chiuse, Archie non aveva ancora aperto gli occhi adesso che il cuore gli batteva più forte. Fuori ci stavano le stelle la luna e le ombre delle montagne giganti. Ancora i piedi mentre il respiro si avvicinava.
Isabelle gli si stese vicina, sentì il materasso incurvarsi, allora aprì gli occhi senza muovere la testa e la vide girata su un fianco, il gomito puntato sul materasso che le teneva su la testa. Lei non disse niente, lui nemmeno e si sentiva strano adesso così sopra quel letto.
- Ero venuto per il libro, non me lo dai?
- Sta la, dopo.
- Bhe..non sapevo avessi una stanza così grande.
- SSStt, abbassa la voce, vuoi svegliare i miei
- I tuoi? Mi avevi detto che non c’erano! Porca vacca!
- Dai non fare così stavo scherzando
- Ma vaff… Adesso la baciò.
Solo con le labbra. Labbra su labbra senza usare la lingua. Fu quella la prima volta. Lui intanto si era tirato verso l’altro capo del letto e ci teneva schiacciato il cuscino con la schiena come un malato, da lì guardava Isabelle che non si era mossa. Accavallò le gambe di scatto quanto lei disse dei genitori e si accartocciò subito nei pantaloni, Isabelle sorrise, fu allora che la baciò. Smetteva e poi ricominciava. Nell’avvicinarsi il suo ovale gli si ingrandiva davanti, e prima di venire colpito per un brevissimo istante quel gesto sembrava uno schianto contro un pianeta marrone e umido. Archie aveva bevuto. A quell’ora della notte, con quella luce in quella stanza le sembrò anche abbastanza carina. Comunque quello che contava per lui a questo punto era un’altra cosa, e lei lo era, subito fin dal primo istante in cui qualche ora prima l’aveva vista.

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