Friday, May 09, 2008

Sono io, Elsa, la tua amica cafona della Francia. Quella che tiene teneramente a te e non te lo dimostra mai in nessun modo, tu lo sai? (è che io non capisco bene, a volte sotto milioni di strati di pelle a me sembra che tu a me ci tieni, due o tre volte, quella a Boston e poi forse a Parigi, ma di più quella a Boston quando mi aspettavi sotto casa con le valige e avevi i capelli legati in una coda, là, davanti al mio appartamento - sembravi veramente piccola, sembravi una bambina, e mi hai guardato con la forza desolante e con la sorpresa che io continuo testardamente a catalogare nel posto sbagliato. Poi altre volte - il più delle volte – è vero! sembra che mi tieni tra i tuoi affetti, ma come si fa con gli amici lontani o peggio con i “pen friends”, quelli che si scrivono ogni tanto dopo essersi conosciuti in una vacanza studio per imparare l’inglese. Così ti occupi di me come se volessi seguire le buone maniere ed essere semplicemente ospitale facendo ciò che ti chiede di fare tuo padre. Altre volte sei imbarazzata o semplicemente non hai cazzi, e non vedi l’ora che me ne vada, come quando abbiamo fatto le creps nel tuo appartamento e non mi sembravi per niente a tuo agio. Tutto quello che so di te l’ho strappato con le unghie e tu di me non hai mai chiesto niente, sei fredda e completamente distaccata, a volte credo, e più spesso adesso che ti conoscono meglio, che questo sia il tuo modo di stare nel mondo, un atteggiamento che non capisco e che subisco dolorosamente, come una delle cose più meravigliose e misteriose che mi sia mai capitato di trovare in un essere umano, la tua freddezza la scambio per innocenza, la tua superficialità mi sembra mancanza di interesse verso tutto ciò che è volgare, e sei curiosa e piena di talento, eppure così chiusa sempre nel tuo appartamento e in biblioteca, anche questo non lo capisco.)
I francesi hanno la reputazione di essere delle persone maleducate, non è vero? (da quando ti ho incontrato la lingua francese è un codice da tradurre e la Francia solo una condizione da inseguire – in fondo non posso avere più idee sulla Francia e sui francesi ) Sono veramente desolata di dare così evidentemente ragione ai nostri detrattori, ma bisogna a volte assumersi la responsabilità del proprio carattere, anche quando è evidentemente spiacevole.
Ho un carattere spiacevole
(chissà cosa vuoi dire con questa parola “navrant” non c’è nessuno dei suoi significati “desolante”, “penoso”, “incresciso” “spiacevole” che possa ricondurre alla tua persona, eppure "navrant" è qualcosa che c’è intorno a te, che tu subisci, come se il "navrant" venisse da fuori e non ti permettesse di tirartela, di essere prepotente, smorfiosa, piena di te e fare tutte quelle cose a cui la tua condizione umana e la tua bellezza disumana ti renderebbero naturalmente predisposta) ma bisogna dire che tu non mi aiuti per niente (direi anche che sei tu che mi ci inchiodi a volte…). Io non ho saputo rispondere al tuo ultimo messaggio perché diceva molto di più di quello che mi meritavo, che non potevo apertamente protestare, e ancor mano seriamente assentire.. in una parola mi sentivo bloccata. Mi sono accontentata di diventare rossa come un peperone, di ripromettermi di dirti non farlo più, (finisco per crederci e il mio carattere diventa ancora più spiacevole) ( ogni cosa che ti ho detto, lo giuro, anche quando ti è potuta sembrare stravolta, buffa, e grottesca, anche quando è stata il più possibile deumanizzata per non sembrare troppo romantica, in tutti i casi nasceva da un sentimento assolutamente puro e sincero, anzi proprio l’accanimento postmoderno che ho verso i miei sentimenti, è tanto più vero quanto risulta l’unico modo che ho per difendermi da me stesso, in un certo modo anche da te) e di sperare che tu avresti avuto parole per raccontarmi il più presto possibile queste giornate speciali in un prossimo messaggio al quale avrei potuto rispondere (bhè diciamo che venerdì sotto casa tua quando ci siamo trovati eri ancora una presenza accettabile, squisitamente bella, dalle movenze divine, con il solito stile, con il solito piglio affettuoso e distante – eri ancora sopportabile, hai espresso delle preferenze, hai fatto qualche domanda, tanto che il giorno dopo siamo andati alla mostra di foto insieme, e li non te l’ho detto ma ho cominciato a morire – sono cose vere: la sensazione di annullamento coatto verso la tua presenza come verso una malattia – vederti camminare tra le stanze bianche, sul legno chiaro, tra le persone che c’erano, è stata una delle cose più intense della mia vita, lo so che detta così fa ridere, ma è tutto il mondo che ti portavi dietro che mi affondava, come quando camminavamo per le vie di Boston, e mi veniva facile pensarci costruiti intorno ad altre vite, vite più adatte ad incastrasi, ma nostre – cinematograficamente nostre, ci sono situazioni in qui sei devastante, soprattutto nei contesti che sanno isolarti e illuminarti: l’ambiente minimal del museo, le strade scure di Boston, palcoscenici in cui tu potresti recitare, e entrare negli sguardi delle altre persone e seguirmi, amarmi, rincasare, ficcarti sotto le lenzuola, con i gesti collaudati di chi lo fa da tempo e si sente casa con me sotto le lenzuola. Domenica siamo andati all’Opera a vedere il Parsifal e lì ho avuto la stilnovistica certezza di essere di fronte a qualcosa di "diverso", che tu fossi veramente una “creatura”, e questo - per quanto mi riguarda - ha spinto la nostra relazione a uno stadio successivo, i cui significati sto ancora cercando di ponderare ).…Come sai non è andata veramente così, ma tutto è poi peggiorato quando ho ricevuto il tuo pacco. Sei stato così gentile che non sapevo come ringraziarti. Poi, ho pensato a svariati modi per farlo ma nessuno ha trovato realizzazione, ma ho buone speranze che non sarà sempre così.

Posso semplicemente cominciare ringraziandoti molto sinceramente perché tutto quello che hai fatto mi ha fatto molto piacere. Ho subito voluto vivere con la mia t-shirt come fosse una seconda pelle, ma ho dovuto fermarmi dopo due giorni, quando mi è ritornata la ragione. (prima mi dici che la maglietta che ti ho regalato vuoi che sia la tua seconda pelle, questo mi fa pensare certe cose perché mi sembra una frase che abbia un “significato”, non mi pare possa rientrare nel novero delle “gentilezze” che mi riservi, sembra qualcosa di più complicato, di più diretto, qualcosa in cui sei coinvolta, e coinvolta non lo sei mai stata e allora vado indietro e mi chiedo perché non mi hai baciato a Boston, perché non sei venuta mai a trovarmi quando ti ho invitato, perché non mi hai detto niente del cd, poi finisco di leggere e incontro quella parola “ragione” e proprio la parola che mi dovrebbe far capire tutto non mi fa capire niente) Vorrei anche sapere perché non bisogna leggere il libro? E se posso almeno provarci o è una cattiva idea? E come posso sapere se il posto in cui l’ho nascosto è sufficientemente sicuro? Bisogna che me lo dici rapidamente, perchè per tutto questo tempo può essere in pericolo.

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