Wednesday, February 13, 2008

POrnomate in Berlin-16
Davanti a me un uomo si premeva il fazzoletto sulla bocca e con l’altra mano teneva un cane al guinzaglio, l’animale non dava segni di vita: era steso a terra per tutta la superficie della pancia come un tappeto peloso. Scendevano dei lacrimoni sul viso dell’uomo. La situazione non era completamente chiara, chiesi ad Andrea se era sicuro che fosse il pronto soccorso, disse di non preoccuparmi. Il mio numero di accettazione era il 142, fuori non pioveva ancora, e l’unica cosa che mi distraeva dalla tristezza dei visi sovietici era un cinese alle prese con i suoi bambini davanti alla vetrata dell’accettazione. Cercammo di ripercorrere per la quinta volta i fatti della notte prima, ogni volta nella speranza che un’illuminazione mi permettesse di colmare i buchi. Andrea ricominciò: alla festa avevo conosciuto una ragazza (in effetti avevo una sua immagine in testa che, però tralasciai di riferire ad Andrea), sparii con lei, dopo aver bevuto della tequila al bancone della discoteca. Passarono due ore in cui nessuno ci vide, quando Andrea mi ritrovò ero già sanguinate e ferito, abbastanza graffiato in viso, e così messo da riuscire solo a dirgli poche cose prima di svenire, cadere e perdere la memoria.
Quello che Andrea riuscì a sapere da me prima della caduta fu che la ragazza aveva bisogno di connessione immediata, connessione che io non le diedi ne subito ne poi. Lei si incazzò, mi prese a pugni e mi finì con una bottiglia in testa. Sparì con la felpa che le avevo offerto al momento di uscire dalla discoteca. Proprio quella felpa in cui c’era una tasca, e dentro la tasca una busta, e dentro la busta i nostri biglietti per il concerto.

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