Saturday, February 02, 2008

POrnomate in Berlin -27
Al mio risveglio una donna troppo rotonda e rosa per essere morta mi riparava dalla luce accecante. Si chinò su di me fino quasi a toccarmi, aveva una cuffia da infermiera – e parlava guardandomi la testa. Non ero in grado di risponderle, ne di capire se la testa me la stesse toccando, ma sentivo che parlava una lingua bruttissima. Mi fece saltare sul lettino alzandomi solo con un braccio.
Ero in un’infermeria, faceva freddissimo e il mondo traballava ancora. La donna mi sorrise e mi fece segno di scendere, tutti gli altri sembravano divertiti . Non me la sentivo di camminare, ma quella doveva essere la procedura. Traballai fino all’uscita della tenda, e cercai di capire cosa fare. Fuori il cielo era screziato da lampi rossi e viola. Capi di essere stato ferito: avevo dalle macchie di sangue incrostate sulla giacca; di essere stato medicato: l’ombra l’infermiera ce l’avevo ancora negli occhi. Provai a pensare come mi chiamavo, ma non mi venne in mente. Scoprii, invece, che il sangue quando si rapprende sui vestiti ha un odore ferrigno e una consistenza cristallina, croccante, come lo strato di caramello sulla crema catalana. Ogni respiro mi faceva salire un conato. Sapevo di essere a Berlino, ma a questo non riuscivo a legare nient’altro.

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