Tuesday, December 13, 2005

SOGGETTO di Virginia
TRADUZIONE dall’inglese di Annalola
(post – dicamo così “fuori verbale”, che vale più per susan che per tutti gli altri lettori).

(Tema: perdita di identità e desiderio di maternità.
Prima inquadratura: un uomo che si guarda allo specchio.
Seconda inquadratura: una giovane donna che culla un neonato schiaccindoselo al petto, gli sussurra con il mento attaccato allo sterno un motivetto ma solo la musica – failananna.
C’è questo uomo, credo, (quello dello specchio?) che vive in una vita, vorebbe cambiare faccia, per quanto bello sia, per quanto curato il suo abbigliamento sia, lui non si sente mai a posto, cambia continuamente stile, perenemmente inadeguato verso se stesso rinnova continuamnete il guardaroba, si fa lampade (soprattutto al viso) che lo portano a spelarsi, vorrebbe alfine cambiare faccia, il colore della sua pelle va assumando l’aspetto di un ematoma giorno e notte, si circonda di cose che vorrebbero richiamare una certa idea di vita (quale idea non viene detto) in questa idea lui vorrebbbe trovarsi – riconoscersi nelle cose che toca quello che è, quello che sente -(questo passaggio me lo ricordo precisamente), lega ad esempio la gomma di un camion sul ramo dell’albero in giardino per fare l’altalena, si rifiuta di comprare i giochi di plastica e legno che si trovano nei supermercati, sceglie di andare in giro con una vespa anni settanta con il casco nero a scodella, non comprerebbe mai uno scooter, per quanto si sforzi con le berrette di lana, le collane etniche, lo sport di fatica, lui è un uomo da centro commeriale e sciata la domanica mattina. E’ così, ma quello che veramente è lancinante per lui è che LUI LO SA.
Così ogni mattina si azzera dentro l’opalescenza dello specchio illuminato del bagno, vede sua moglie appena sveglia preparare il caffeelatte, sente suo figlio ciabattare sul parquette e prova un conato che si rinforza quando sua moglie gli aggiusta la cravatta prima di uscire (potrebbe sembrare la solita parodia sulla vita borghese postmoderna – mi ricorda virginia - ma non è così perché questo uomo è forse la seconda volta che si mette la cravatta). Il ragazzo-uomo è un famossissimo dj/cantante iconona di una non meglio identificata libertà dal conformismo, prodotto commerciale - la sua faccia sa conquistare e al contempo indirizzare i consumi di eserciti di adolescenti. Questo ragazzo proprio oggi sta recandosi ad una importante riunione tra casa di produzione e manager per ricollocare l’immagine di se stesso verso un target di consumatori più forti (gente più attenta al significato, gente che vuole certi valori). Adesso lo sapete: lui vorebbe essere il prodotto di se stesso, vorebbe essere l’immagine che il mercato/mondo ha di lui (quella foto che c’è sulla copertina dell’ultimo disco e lo ritrae con abiti sgualciti e denti da latte), ma per quanto si sforzi lui sa che lui non è quell’altro lui, ma è sempre e solo se stesso. Con pensieri e lacerazioni di questo tipo lo seguiamo mentre si sposta dalla periferia a downtown per il meeting, lì sul raccordo anulare se abbassasse lo sguardo verso l’ultimo anello di asfalto vedrebbe una piccola utilitaria gialla con dentro lui da giovane ventenne che sta portando a spasso “l’uomo misterioso”, ma non guarda quindi non capisce ancora (probabilmente la vista di lui con quell’”uomo misterioso” gli avrebbe fatto ricordare qualcosa). Adesso ci spostiamo nella sala ruinioni con in bocca l’amaro sapore di un’occasione mancata, lì a tappezzare svariati metri quadri di lavagna luminosa ci sono le foto di quello che il ragazzo/uomo dovrebbe diventare: fotografie che mettono in scena l’ultimo tratto della Maturazione ovvero la strategia che lo porterà a mangiarsi il mercato: “profondi significati senza perdere la spensieratezza e la genuinità di un tempo” questo è il sottotilo che il team marketing ha pensato per lui, appeso appena sotto il titolo è ancora più grosso: “IN CAMMINO VERSO LA VERITA’”. Una rapida occhiata alle foto gli basta per per capire che lui è già innammorato di quel ragazzo, una fitta allo stomaco lancinante invece gli da la consopevolezza ancora una volta di non esserci. Così l’uomo/ragazzo tra l’alienazione e l’estasi si aggira per i mogani lucidi sopportando appena il rumore di tutti i tacchi che picchiano il pavimento (anche i suoi adesso – lui che solitamente porta scarpe con la suola in gomma). E a questo punto aldilà del vetro che separa la sala riunioni dal resto dell’open space che vede la ragazza/modella che nelle foto recita sua moglie (nella nuova sua versione), ritorna quella stessa seconda scena della ragazza con in braccio il bambino (una ragazza che culla un bambino non suo): la ragazza-della-prima-scena è la ragazza/modella. Lui non ce la fa e corre verso la finestra e ci si butta fuori fino alla pancia, sotto dieci piani più sotto, le strisce colorate della macchine lo fanno vomitare. Intanto passano l’uomo misterioso e lui dieci anni fa.
(C’è tutto un plot a parte tra lui da giovane e l’uomo misterioso che virginia non mi dice: storia di giovinezza, di fallimento, di perdizione o grazia, “la perdizione è sempre legata alla fame di sucesso” così dice Virginia riposizionando le labbra sulle impronte del bicchiere da vino)

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