Tuesday, June 19, 2007

I've Got a Crush on You
E’ stata una serata bellissima, ieri sera. Quando è arrivato il tuo messaggio di invito ho trovato subito il modo di calmarmi: ho preso a calci il cane, ero troppo contenta. I giorni passati senza di te, da quando ci siamo visti per la prima volta, mi hanno lasciata con i Sex Pistols e le canzoni di American Idiot.
Ero pronta a saltarti addosso alle otto davanti alla mia porta di casa, poi – mi è sembrato che mi tirassi per il culo con quel gran mazzo di fiori – i fiori dai! Ma ho capito subito tutto e non ti ho detto niente. Ti eri vestito così per giocare, per dirmi che certe cose non sono più possibili. Hai continuato prendendoti gioco della tradizione in cui il tuo invito ci aveva inscritti; la paura dei tuoi sentimenti ti ha costretto a metterli in scena, li hai duplicati e mi hai fatto vivere spezzoni di una commedia americana degli anni trenta, mal recitata, violentata, sporcata dai tuoi sorrisi. Sei una persona debole – ma questo non te l’ho detto, e non ti devi preoccupare, perché anche io lo sono. Ti ho lasciato fare e mi sono divertita, tantissimo.
Io e te ci vedremo ancora.
Non ho mai creduto all’amore come a un sentimento, come a un’idea che potesse essere isolata e legata all’oggetto desiderato, ho sempre creduto all’amore come a un gioco di specchi, come il riverberarsi reciproco, la soddisfazione narcisa che sta tutta nell’immagine riflessa che l’altro ci restituisce. Io credo di avere lavorato benissimo con te: eri gonfio, paonazzo, un pavone, ti sentivi il protagonista di tutti i mie orgasmi futuri.
E’ stato divertente, io mi sono fin da subito aggiustata lo schienale della poltrona, e mi sono goduta lo spettacolo: la scena del bacio è stata perfetta, ben fatta la passeggiata lungo la via principale della città, la luce surreale nel sottopassaggio alla stazione e le risate. Era una vita che non ridevo così come mentre leggevamo le scritte di quegli idioti che imbrattano la stazione. Sei una persona speciale. Quando mi hai preso la testa tra le mani e mi hai sfiorato le labbra con le tue e poi ti sei tirato su per un attimo dicendomi “adesso allaccia le cinture” - prima, prima di darmi il tuo bacio profondo e lunghissimo. Quando camminando vicini ci siamo messi a fare come fanno le coppie che camminano per i viali alberati la sera. Abbiamo fatto gli amanti, abbiamo fatto gli sposati, i vecchi, la coppia inseguita da Carver, quella da Kafka, quella immaginata da Muccino. Sei così bravo ad osservare e ricreare situazioni. Gli amanti dici che si baciano sul collo quando camminano, allora mi hai baciato sul collo seguendo la partitura della tua fiction, e mi hai chiesto scusa perché ti sembravo imbarazzata, ma poi mi hai subito detto che era proprio quello il fine del gioco e allora abbiamo riso, come dentro la luce acida del sottopassaggio dove tutto sembrava rotolare seguendo un ritmo jazz: tu che mi prendevi i fianchi e mi tiravi di qua e di la tra il puzzo di piscio e l’odore di muffa alternando primi piani e dettagli in un montaggio tagliato. Mi sono sentita felice, ma ho vissuto tutte queste cose da spettatrice, sapendo che quell’uomo non esiste fuori di me. Per questo ho bisogno di prendere una pastiglia adesso e addormentarmi.
Buonanotte.

2 Comments:

Anonymous Anonymous said...

il dramma del postmoderno? il non poter far nulla che non sia una citazione? (o magari le gioie del postmoderno?)

2:25 AM  
Blogger annalola said...

il dramma di avere a che fare ogni giorno con interlucutori che non leggono fiction postmoderna, il dramma di essere inattendibili, guardati da quelli che ti dicono che hai quasi trent'anni e non sei più una bambina!! Cerca di crescere!! Quegli occhi, hai presente?

1:26 AM  

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