Tuesday, November 08, 2005

Viola ha una pettinatura artificiale che sembra un modello di macroeeconomia, invece Carlo è bello come una rima. (una striscia di luce arriva dalla porta finestra e ci lascia un effetto romantico, mi ricorda le scie delle barche, qualcosa di piatto: forse gli ultimi giorni di una vacanza in montagna). Io li guardo da lontano sprofondati dentro la loro ombra che pare fatta di cioccolata fondente e penso che avevano ragione i neoclassici sulla concorrenza perfetta, il mondo non ha bisogno dei comunisti, cancello subito il nome di keynes dalle prossime cose da imparare e Carlo mi illumina con il suo sorriso virginiawoolf. Poi rientriamo chiamati dalla filippina senza rughe: ci porta pollo al curry e risotto col tartufo, sporco le mie posate d’argento maculate di nero cercando di ricordare il nome della filippina, sento tantissimi altri nomi: camilla, martina, allegra, aurora, lavinia, ma non il suo, poi rischio di ingozzarmi con una torta sottile come un coperchio. A metà della cena ho la netta sensazione di perdere il controllo sui miei superpoteri, di essere fraintesa o perfino smascherata, lo capisco dalle occhiate tra mamma e figlio, penso che vorrei essere come la donna che mi sta di fronte, proprio con quel sorriso che sa ridere veramente. Ormai mi sono tolta il golf e mostro un paio di ascelle pezzate, poi chiedo il bagno: sto forse ridendo troppo e la torta rischia di ammazzarmi, finalmente Viola mi porta via, prendiamo l’ascensore per raggiungere la sua stanza. Le voci giù non si fermano ma - come dentro un vortice - continuano a roboare celestiali. Le sento finchè arrivo a casa e mi trovo Amanda che perde le bave avvolta in un cencio che pare il mio copriletto.

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