Monday, April 07, 2008

Ieri ho incontrato la ragazza che ha avuto un tumore. La ragazza che ha avuto un tumore mi guardava con gli occhi sbarrati, e tutto il fard non riusciva a coprirle le rughe intorno agli occhi che le ha lasciato il tumore. Mi sorrideva e tossiva. Per quanto la guardavo e facevo finta di niente, dentro - mi sentivo imbarazzato, imbarazzato e fortunato. Sembra che la ragazza che ha avuto un tumore adesso stia meglio, anche se le si legge una certa precarietà addosso, una luce più scura negli occhi, la malinconia che ti porta la vecchiaia nel sorriso. Eppure una forza nuova nella voce. La ragazza che ha avuto un tumore mi fa paura. Qualcosa di misterioso, leggero e impalpabile l’ha avvolta. Non c’è niente di diverso in lei a parte le rughe intorno agli occhi e un certo rigonfiamento dei tessuti, eppure - anche se i capelli le sono cresciuti e il pallore è svanito - la ragazza che ha avuto un tumore non sarà mai più la stessa ragazza di prima. Mi fa paura eppure vorrei parlare con lei, ma non come ho fatto ieri – vorrei guardarla negli occhi e chiederle del tumore. Vorrei che mi facesse parlare con lui. So che se dovesse farmi parlare col tumore io comincerei a piangere. La ragazza che ha avuto un tumore ogni volta mi dice che qualcosa mi potrebbe accadere, qualcosa che -per carità! - accade, e a cui io non mi sento assolutamente pronto. La ragazza che ha avuto un tumore ogni volta che mi guarda mi dice che sono un uomo senza coraggio, che sono un uomo egoista senza una vita interiore. Me lo dice anche quando muove la mano e mi tocca per allacciarsi la cintura di sicurezza. Lei non parla mai del tumore, so che lo fa per tenerlo lontano da noi, ha imparato - ormai , che bisogna tacere perché il suo nome è come la malattia. La ragazza che ha avuto un tumore parla ancora tutti i giorni con il tumore. Quando era appena arrivato tutti le chiedevano “come stai?” – lei non lo sapeva ancora bene, ed erano terribili gli occhi e le facce della gente che voleva stare lontana dal tumore e sarebbe corsa via perchè sentirne il nome faceva così male. Vorrei chiederle come faceva e se le faceva più male la violenza che il tumore esercitava sugli altri attraverso di lei, oppure la pietà che gli altri provavano per lei. Vorrei non essere come gli altri. Ma mi sento più meschino. Vorrei avere una risposta e stringerle la mano così forte da sentirlo, poi guardarla, ma - in ogni modo in cui me la giro - continuo ad avere paura e non la guardo. E per quanto ne so, l’unica cosa che riesco a mettere tra la paura e il dolore è qualcosa che mi fa dire “io”.

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